In occasione del 15° anniversario di Hybrid Theory, vi raccontiamo, passo dopo passo, i principali videoclip realizzati dalla band per promuovere l’album.
Per il loro primo videoclip, i Linkin Park decidono di scendere nelle profondità dei tunnel della metropolitana, affidandosi al pluripremiato regista Gregory Dark.
A condurci nelle viscere della terra, è un piccolo gruppo di ragazzi, che si è dato appuntamento in un buio vicolo di Los Angeles.
L’attenzione del gruppo viene subito catturata da una figura incappucciata (un monaco?), che rapidamente sparisce all’interno di un edificio. Una ragazza dai tratti orientali, ed il suo compagno (interpretato dall’artista locale Tony Acosta) decidono di seguire il misterioso monaco, finendo in un tunnel della metropolitana in disuso.
Il luogo è umido, putrido, riscaldato solo dalle fiamme di alcune torce. La luce è fioca, ma sufficiente a rivelare gli strani graffiti che costellano le pareti: maschere tribali? o forse i volti degli stessi monaci?
Ben nascosti, i ragazzi assistono all’energica performance della band … ma i Linkin Park non sono i soli a popolare questi cunicoli.
Mentre le figure incappucciate sembrano moltiplicarsi, altri personaggi sinistri (monaci senza il cappuccio, forse?) si sollevano da terra, cimentandosi in mosse di arti marziali. Le loro uniformi rosse contrastano con il verde dell’ambiente circostante, lo stesso che caratterizza gli abiti della band. Le arti marziali traducono in movimento la potenza della canzone.
Dopo essere stati scoperti, i due ragazzi fuggono terrorizzati, mentre la performance va in crescendo: il rumore si fa più forte, i monaci rimangono sospesi a mezz’aria battendosi sopra le teste della band, ed anche Chester si solleva, capovolgendosi ed urlando il testo della canzone.
Le inquadrature si fanno brevi, frenetiche, la (già scarsa) stabilità della macchina da presa lascia spazio ad un tremolio insolito, quasi le note fossero così potenti da investirci, allo stesso modo di un terremoto.
I contrasti di colori, le espressioni marcate della band, la pittura sui volti dei monaci, la violenza delle arti marziali, ecc … fanno presagire un primo aspetto di Hybrid Theory: l’aggressività, ma anche la voglia di liberarsi dalla frustrazione (forse quella sperimentata da Chester?), una frustrazione opprimente, che non lascia spazio per respirare, e che trova espressione negli angusti spazi della metropolitana.
Il concept originale del video prevedeva un video di One Step Closer tratto dal concerto al The Roxy del settembre 2000.
https://www.youtube.com/watch?v=RmWubcRQ0hs
L’idea viene però abbandonata, lasciando spazio alla versione del video che conosciamo oggi, in cui l’esecuzione del gruppo si integra con le suggestioni dell’ambiente circostante.
Curiosità: in alcuni fotogrammi del video è possibile intravedere Scott Kozoil, il bassista che aveva curato le parti di basso in sostituzione di Phoenix, che in quel periodo era in tour con i The Snax.
Diretto da Greg e Colin Strause, Crawling tocca il difficile tema della fragilità emotiva come conseguenza di esperienze traumatiche della vita, raccontando la storia di una ragazza abusata dal padre.
Esperti di effetti speciali, i fratelli Strause decidono integrare le riprese “dal vivo” con la computer grafica, utilizzando la tecnica del chroma key, che (in fase di post produzione) prevede la sostituzione di uno sfondo verde (usato in fase di ripresa) con elaborazioni fatte a computer.
La condizione di fragilità della ragazza (interpretata dalla modella Katelyn Rosaasen), viene fin da subito sottolineata con discrezione: la ballerina di porcellana accanto al portagioie, le lacrime impregnate di trucco che cadono nel lavandino, la mano che si accarezza il braccio coperto di lividi. Questi particolari conducono lentamente al corpo violato della ragazza, alle cui spalle si intravede una sagoma scura: il padre. Non appena egli la tocca, la giovane viene circondata da un muro di ghiaccio (rappresentazione visiva del suo guscio emotivo), lo stesso in cui trova spazio l’esibizione dei Linkin Park (gli stessi parlano dell’idea di esibirsi in un una fortezza di solitudine).
I colori dell’ambiente sono freddi, spenti, allo stesso modo del freddo ambiente emotivo in cui è cresciuta la giovane donna.
Il video prosegue. Alle difficoltà relazionali della ragazza (la freddezza nei confronti del fidanzato steso sul letto accanto a lei), si alternano inquadrature della band, flashback degli abusi subiti, ed attimi di confronto della ragazza con sé stessa (il suo riflesso), e con gli altri, che la denigrano con sguardi compassionevoli.
La morsa del ghiaccio si stringe ulteriormente, mentre la canzone si fa più potente.
Disorientata, la ragazza striscia sin davanti a Chester. Uno spesso strato di ghiaccio li separa. I due sono speculari (da notare il piercing di Chester, che richiama il septum della ragazza), quasi a voler evidenziare le loro similitudini (alcuni sostengono che Crawling sia un richiamo agli abusi subiti dal frontman del gruppo).
Qui, la ragazza ha finalmente modo di confrontarsi con il contenuto della canzone, con l’intensità delle parole e della musica, con sé stessa.
In un breve flashback, rivede per un’ultima volta ciò che ha passato, e finalmente decide di superarlo, ritrovando finalmente sé stessa. Sotto la potenza della voce di Chester, il muro (di tristezza, solitudine, mancanza di autostima, ecc …) si infrange, lasciando spazio ad un mazzo di rose, ad un viso pulito … mentre il trucco scompare nel lavandino.
Il concept originale del video prevedeva un finale più cattivo, più hardcore (l’uccisione dei componenti del gruppo da parte di un killer psicopatico), poi scartato dalla Warner in favore di un happy ending che non turbasse troppo i fan del gruppo.
https://www.youtube.com/watch?v=JxOlViHqYMA
Curiosità: il bassista dei Linkin Park torna ad essere Phoenix. Nel video Mike suona la chitarra, sebbene tutte le parti dello strumento siano state curate da Brad.
Il video di Crawling venne nominato per la categoria Best Video agli MTV Video Music Awards, ma perse contro Rollin’ dei Limp Bizkit.
Co-diretto dalla coppia Nathan Cox/Joe Hahn, Papercut gravita nuovamente attorno alla performance della band, ripetutamente “disturbata” da sinistri effetti speciali.
Teatro della performance è un elegante salotto, dai toni caldi e dall’aspetto accogliente.
Non tutto però, è come sembra… Poco dopo l’ingresso della band, la macchina da presa scopre due ambienti adiacenti alla stanza: una cucina (con una vasca da bagno piena di acqua putrida), ed una sala operatoria, al cui interno si intravedono un lettino, ed un tavolo, sopra il quale si agitano strani sacchi ricoperti di formiche.
Entrambe le stanze sono lugubri, inospitali, illuminate solo da una fredda luce blu, che lascia intravedere il testo della canzone scritto sulle pareti.
La performance della band continua, alternandosi a brevi inquadrature che rivelano altri particolari delle due stanze: strane creature immerse nella formalina, una crisalide viscida pronta a schiudersi, ed un ombra che si agita nel buio, e che poi scopriremo essere un uomo dalla pelle blu (forse il soggetto paranoico di cui parla il testo?).
L’uomo si contorce, si dimena, quasi fosse schizofrenico, ed anche all’interno del salotto qualcosa inizia ad andare storto: la luce traballa, una statua inizia a muoversi, le dita di Mike si allungano, ed anche la creatura fa la sua comparsa, attraversando per un attimo la stanza.
Intanto, la crisalide si apre, rilasciando centinaia di libellule (forse un’allusione alle ali del soldato raffigurato sulla copertina del disco?).
Nel salotto adiacente, le stranezze continuano: alla spalle di Joe, il quadro inizia a muoversi, mentre della mani emergono da dietro la parete nel tentativo di braccare l’MC; i movimenti di Mike si fanno rapidi e veloci, quasi a voler emulare quelli della creatura con cui è messo a confronto; il volto di Rob si contorce, quasi fosse distorto da un buco spazio-temporale.
Alla fine della canzone, i membri del gruppo spariscono, ma gli strumenti (misteriosamente) rimangono lì.
Raffigurazione della paranoia? Rappresentazione della follia generata dalla routine e dalla ripetizione? I Linkin Park (forse scherzosamente) hanno spiegato: è un brano sulle persone che ti anno dato noia per anni, e del modo in cui le odi.
Curiosità: nel video, Brad e Phoenix suonano strumenti acustici, nonostante la versione registrata in studio prevedesse l’utilizzo di chitarra e basso elettrici.
In alcune parti del video, il labiale di Mike è fuori sincrono con la musica.
Il quadro alla spalle di Joe è la riproduzione della copertina di un disco degli Xero, dipinta appositamente da Mike la notte prima delle riprese.
Per la creatura blu in preda agli spasmi i registi hanno tratto ispirazione dal film Jacob’s Ladder, (Allucinazione Perversa, 1990).
Il video non è stato realizzato per gli Stati Uniti.
Squadra che vince non si cambia, dicono, ed anche i Linkin Park non sembrano essere da meno.
Per la regia di In the End, i Linkin Park scelgono di affidarsi nuovamente alla coppia Cox/Hahn, e di ampliare ulteriormente il ruolo giocato dalla computer grafica. Il tutto condito dall’esperienza del designer Patrick Tatopoulus.
Originato dalla fantasia di Joe (amante del genere fantasy), il “magico mondo” di In the End prevede un’ambientazione quasi completamente digitale (il video è stato interamente girato in studio, tra una pausa e l’altra dell’Ozzfest 2001), eccezion fatta per tre elementi: il suolo e l’erba calpestati da Mike (raccolti nel deserto della California e poi trasportati in studio), la piattaforma decorata da gargoyles su cui si esibisce il gruppo (set principale), ed il portale trapezoidale da cui esce Chester (con rispettiva piattaforma).
https://www.youtube.com/watch?v=mcPB1Rb4vOE
La trama del video è molto semplice: pochi secondi dopo l’entrata in scena di Chester, che sbuca da uno dei portali della statua (forse una dea?), l’inquadratura si allarga, andando a riprendere Mike che canta in un paesaggio arido e desolato. Non appena Mike muove i primi passi, piccoli germogli crescono sotto ai sui piedi, sino a diventare fili d’erba, e poi rami, che delicatamente gli sfiorano le mani.
Durante il ritornello, la macchina da presta stacca sulla band (nuovamente al centro del video), che si esibisce su una piattaforma situata sulla sommità della statua.
All’inizio della seconda strofa, l’inquadratura torna di nuovo su Mike, che viene progressivamente circondato dalla vegetazione: i fili d’erba si fanno prato, i germogli si fanno piante, presto alimentate dalla pioggia che cade sulla band (un effetto ottenuto sistemando dei tubi dell’acqua sopra il set).
Il cielo si fa scuro, i gargoyles si animano, le statue femminili prendono vita, ed alla fine, l’inquadratura si allarga nuovamente, mostrando una vallata rigogliosa su cui volano balene alate (ancora una volta frutto della perversa fantasia di Joe).
Secondo Joe, il video dovrebbe essere la trasposizione visiva di una di loop, un cerchio della vita che nella canzone si esprime con la sequenza: loop di piano-apice della canzone- loop di piano.
Il video però, potrebbe essere anche interpretato come una rappresentazione della potenza rigeneratrice della musica, che dona vita, nutrendo e rafforzando gli animi allo stesso modo della pioggia.
Qualunque sia l’interpretazione, il video di In the End rimane comunque una nota positiva nella videografia della band, lasciando intravedere quel barlume di speranza, quella possibilità di risoluzione dei confitti interiori che giungerà a compimento negli album successivi.
Curiosità: i caratteri usati sui semicerchi del portale da cui esce Chester, sono parole scritte facendo uso di un carattere particolare: il pigpen cipher, un codice cifrato utilizzato in passato (fine del XVIII sec.) dall’ordine dei Rosacroce e dalla Massoneria. Sul lato sinistro della porta, troviamo le parole: AKC, Karma, Deadsy, Linkin Park, Lurchen, Minutm, Hannah, LP. Sul lato destro troviamo: Pu, Mask, Linkin, Park, Deadsy, Hannah, MrHahn, Linkin, MC 2.
Sulla cima della statua si intravede il sodato alato che appare sulla copertina di Hybrid Theory.
Osservando con attenzione il video, si può notare la fibia della cintura di Joe, con sopra scritto: Mr. Hahn.
Notando il disappunto dei membri della band nell’essere bagnati, Nathan Cox ha invitato un suo amico musicista nel backstage, per far divertire un po’ il gruppo. Tra le canzoni suonate dal musicista figura una divertente cover di Crawling.
Il video ha vinto il premio per Best Rock Video agli MTV Video Music Awards 2002.
Sebbene il brano non sia stato pubblicato come singolo, ma solo come contenuto speciale del DVD Frat Party at the Pankake Festival, il video riveste un’importanza fondamentale nella storia del gruppo, essendo l’unico a carattere documentaristico.
Nuovamente diretto da Nathan Cox, Points of Authority è un montaggio di sequenze tratte dal tour portato avanti dalla band nel 2001.
Oltre che immortalare la potenza dei concerti, il video lascia spazio anche a momenti più giocosi (backstage, meet & greet con i fan, ecc …) evidenziando alcuni aspetti tipici della band: la semplicità, la naturalezza, la simpatia, e naturalmente, la devozione verso i fan.
E voi? Cosa ne pensate di questi video? Come li interpretate?