Grey Daze: le nostre opinioni sul nuovo album

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La settimana scorsa abbiamo avuto la possibilità di ascoltare in anteprima l’album dei Grey Daze in uscita l’anno prossimo. Ecco le opinioni di alcuni dei presenti.

È stato un onore aver avuto la possibilità di ascoltare il nuovo disco dei Grey Daze. Ciò che mi ha colpito sono senza dubbio il remastering e i nuovi arrangiamenti dei brani, più completi che mai rispetto al passato. Tappeti elettronici, doppia cassa e riff di basso più robusti si amalgamano alla perfezione con la voce di Chester, che coinvolge appieno dall’inizio alla fine. Va soprattutto segnalato come la sua performance sia messa in risalto, specialmente nel contesto di un genere come il grunge, da sempre il terreno forte del cantante, libero di esprimersi senza freni.

Dennis Radaelli

Passati più di due anni dalla scomparsa di Chester, i Grey Daze hanno deciso di rendergli onore donando ai fan quello che già era in cantiere nel 2017: una nuova pubblicazione con canzoni registrate nuovamente, per dare una seconda vita alla prima band di Chester. Quello che sorprende di più di questo album è proprio la resa sonora: il lavoro di masterizzazione è ottimo e ci troviamo di fronte a undici brani in cui gli anni ’90 prendono nuovamente forma, nonostante si abbia un netto miglioramento nella produzione rispetto alle versione originali. Quasi scontato dirlo, ma la performance di Chester è da applausi. Se, come sappiamo bene, il cantante è stato in grado di esprimersi ad alti livelli in moltissimi generi diversi, è proprio in questo grunge sofferto che è capace di dare il meglio di sé.

Mattia Schiavone

Le mie impressioni sull’album sono molto positive, anzi, da pelle d’oca. Conoscevo i Grey Daze ma sinceramente le mie aspettative non erano molto alte per semplici ragioni di gusti musicali. I Grey Daze non facevano (e non fanno) lo stesso tipo di musica dei Linkin Park. Sono entrato scettico e uscito meravigliato dal bellissimo e studiatissimo lavoro di riesumazione che hanno fatto. Ascoltando l’album nella sua interezza, si ha quasi l’impressione di esser lanciati con forza negli anni ’90, nelle ambientazioni de “Il Corvo”, film con musiche di un certo tipo (e di un certo livello), ma comunque con una potenza di suono che negli anni ’90 non c’era. Ho trovato le nuove sonorità nettamente più audaci, con un occhio al passato e l’altro rivolto al presente, quindi ci si trova a proprio agio, con suoni e melodie molto orecchiabili che però non dimenticano da dove arrivano. Per me, assolutamente meglio del vecchio mood grunge che ricordavo. Per me è un album heavy come non se ne sentivano da un po’. Il tutto poi è sovrastato da Chester. Per quanto riguarda la voce ho trovato con mia grande sorpresa un Chester più “libero”, al pieno della sua libertà espressiva e della sua capacità canora, più che un remaster, avevo quasi l’impressione e si trattasse di un ritorno del nostro cantante preferito. Un ritorno che mi ha reso davvero felice. Ammetto che alle volte ho avuto l’impressione che avessero ritoccato un po’ troppo la sua voce, ma penso che sia un fattore inevitabile durante la fase di rimasterizzazione. Per quanto concerne il lavoro generale posso dire di ritenermi assolutamente soddisfatto e inaspettatamente sorpreso. Non vedo l’ora che esca l’album per riascoltarlo e forse, farmi un’idea più concreta, basata su molteplici ascolti. Ma per me è un lavoro fatto con testa, cuore e orgoglio. Con questo lavoro, i Grey Daze meritano una chance migliore di quella passata. Se la meritano loro e ce la meritiamo noi. Non rimarrete delusi nell’ascoltare, ma tenete sempre ben presente che non sono i Linkin Park. Una volta passato questo concetto, non potrete far altro che fare un bellissimo viaggio.

Leo Garelli
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Non avevo mai ascoltato nulla dei Grey Daze fino a prima del listening, perché non ho mai avuto molto interesse nel grunge (alle medie, mentre tutti ascoltavano Nirvana e Pearl Jam, io ascoltavo “Verità Supposte” e scoprivo i Linkin Park). In quasi 2 anni è stato fatto un lavoro magistrale, oserei dire. Il suono è limpido e pulito, si riescono a sentire perfettamente tutti gli strumenti, che non sono stati semplicemente remixati, ma sono stati riarrangiati e nuovamente registrati. Anche sulle parti vocali è stato fatto un lavoro magistrale. Proprio questa è la cosa che mi ha sorpreso di più, per assurdo: il problema della perdita di una persona, specialmente se si tratta di un artista, è la rassegnazione al fatto che non ci saranno più quei momenti in cui sei in attesa che realizzi qualcosa di nuovo, a prescindere dal fatto che una volta realizzato ti piaccia o meno. Invece, durante il listening, sulla soglia dei 30 anni ho avuto il piacere di (ri-)scoprire la voce di Chester come non l’avevo mai sentita prima. Chester si trovava sicuramente nella sua “comfort zone” e quindi era libero di esprimere tutto il potenziale della sua voce, anche a discapito della parte strumentale. Un album da riascoltare più volte.

Damiano Polizzano

Se questo 2019 iniziò con la carica di adrenalina data da “Cross Off” (all’interno dell’album solista di Mark Morton), aver avuto il privilegio di ascoltare l’album dei Grey Daze in anteprima, chiude il cerchio di questo anno nel migliore dei modi. Come sappiamo, era una gemma delicata e preziosa, che rischiava da un lato di non vedere mai luce, dall’altro di deludere le aspettative. Nessuna delle due cose si è avverata. Grazie alla tenacia di Talinda, al lavoro chirurgico di Sean, soci ed amici della band,nei riarrangiamenti di canzoni già note, viene regalato a noi fan, un concentrato altalenante e genuino di emozioni, dove è possibile apprezzare un Chester che diede il massimo già durante le prime fasi di registrazione. È importante ricordare che all’epoca, sia per i “King of Chaos”, che per il lancio di “One More Light”, questo progetto si trovava ancora in una fase embrionale. Lasciandosi trasportare dall’intero album, si passerà da momenti malinconici, a momenti da pelle d’oca ad altri più energici. Emozioni che difficilmente si dimenticheranno. Una volta concluso l’ascolto, si resterà con l’amaro in bocca, pensando a quale talento quel maledetto giorno, questo mondo abbia perso, ma infinitamente grati per l’ulteriore tassello dell’eredità lasciata ad ogni passato, presente e futuro ascoltatore.

Riccardo Panella