I nuovi Linkin Park

Foto di copertina: James Minchin III

Attraverso una lunga intervista a Billboard, i Linkin Park hanno illustrato il processo e le motivazioni dietro questo ritorno con Emily Armstrong alla voce e Colin Brittain alla batteria. Di seguito trovate la traduzione del lungo articolo.

“Non so se funzionerà”, disse Mike Shinoda ai suoi compagni dei Linkin Park, un giorno in studio l’anno scorso. Stavano registrando le voci per un brano devastante, e Shinoda, il co-vocalist e principale produttore della band, voleva che la sua voce uguagliasse la potenza della produzione — così provò qualcosa di diverso. Quando aprì la bocca, si lasciò andare con una feroce intensità: dopo anni di canto, rap e armonizzazioni, Shinoda emise uno scream a piena voce.

Mesi dopo, Shinoda minimizza il suono che fa nella traccia. “Ma è uno scream? Lo è davvero?” chiede il 47enne, con un sorriso malizioso che si allarga. “È tipo un grido imbarazzante”. Si mette comodo su un divano nel salotto degli EastWest Studios di Los Angeles, dove i Linkin Park hanno registrato parte del nuovo album in cui apparirà quella traccia; il bassista Dave Farrell è seduto accanto a lui e ricorda di aver comandato a Shinoda di “spingere di più” dopo averlo sentito urlare nella cabina. “Non credo di essere capace di fare più di così,” dice Shinoda — poi guarda dall’altra parte del divano, verso Emily Armstrong. “La mia voce non è costruita come quella di Emily,” aggiunge Shinoda. Armstrong, esperta di scream, annuisce lievemente e risponde, “ci penso io.”

Sette anni dopo che i Linkin Park hanno messo in pausa la loro attività a seguito della morte del cantante Chester Bennington, uno dei più grandi gruppi rock del 21° secolo è pronto a tornare — con una nuova formazione, un nuovo album, un nuovo tour e una nuova visione collettiva. Il 5 settembre la band ha annunciato che Armstrong, la veterana leader dei Dead Sara, sarebbe stata la nuova co-vocalist di Shinoda, mentre il poliedrico Colin Brittain (Sueco, All Time Low) avrebbe firmato come batterista e co-produttore.

Con Armstrong e Brittain a bordo — insieme ai membri originali Shinoda, Farrell, il chitarrista/co-produttore Brad Delson e il DJ/direttore visivo Joe Hahn — i Linkin Park pubblicheranno From Zero, il loro ottavo album, il 15 novembre attraverso la storica etichetta Warner Records. La band, questo autunno, suonerà anche in sei arene in quattro continenti, prima di “andare intensamente in tour” nel 2025, riferisce Shinoda.

E con un catalogo di successi hard-rock di due decenni (oltre a un sacco di nuovo materiale) da riportare al pubblico dal vivo in tutto il mondo, la band punta agli stadi l’anno prossimo. La nuova agenzia dei Linkin Park, la WME, prevede una richiesta altissima di biglietti per una band che ha incassato oltre 120 milioni di dollari durante la sua carriera, secondo il Billboard Boxscore. “I Linkin Park sono una delle più grandi rock band dei nostri tempi”, afferma John Marx, socio e agente di WME, a cui la band si è unita in sordina all’inizio di quest’anno. “L’entusiasmo che avranno i loro fan, nel vederli e celebrarli dopo sette anni, sarà enorme”.

I Linkin Park hanno pianificato questa nuova era, compresi gli spettacoli in arena che inizieranno l’11 settembre nella loro città natale al Kia Forum di Los Angeles, in totale segretezza, con rumor astratti che turbinavano nella sfera dei fan dei Linkin Park mentre la band tornava di nuovo attiva, elaborava nuove canzoni e faceva le prove. Mesi di speculazioni esterne sono state seguite da una settimana e mezza di teaser approvati dalla band, che portavano tutti a questa settimana, quando i Linkin Park hanno annunciato Armstrong e Brittain come nuove aggiunte, hanno lanciato un’esibizione in streaming in tutto il mondo e hanno pubblicato l’inno incalzante “The Emptiness Machine” come primo singolo di From Zero.

“Tutto quello che fa la band è pensato e curato a dovere”, afferma Ryan DeMarti, manager di lunga data della band (insieme a Bill Silva e Trish Evangelista) presso Machine Shop Entertainment. “Sono assolutamente certo che l’impegno traspaia in ogni post sui social media, in ogni comunicato stampa, in ogni nota di copertina”.

Comprensibilmente, i Linkin Park stanno iniziando il loro prossimo capitolo con una maggiore sensibilità, essendo il primo progetto della band dopo la tragica morte di Bennington nel 2017. Dopo un concerto tributo con decine di cantanti ospiti quell’ottobre, i membri dei Linkin Park hanno preso strade separate: Shinoda ha pubblicato l’album solista contemplativo Post Traumatic nel 2018, poi ha fatto un tour mondiale per comunicare con i fan in lutto, mentre Delson, Farrell, Hahn e il batterista Rob Bourdon (che non tornerà per questa nuova era) hanno in gran parte smesso di fare musica.

Mentre i membri si riunivano per le riedizioni del ventesimo anniversario dei loro primi due album multiplatino (Hybrid Theory del 2000 e Meteora del 2003), così come l’album dei più grandi successi di quest’anno, Papercuts, il futuro della band rimaneva incerto. Come poteva suonare una versione dei Linkin Park senza il fragile urlo di Bennington?

“Parte del lavorare al buio era semplicemente legato al fatto che non sapevamo fin dove saremmo arrivati ​​con i nostri sforzi”, spiega Hahn. “Non volevamo preparare noi stessi o chiunque altro alla delusione se non fossimo stati in grado di farlo. Questi sono stati anni di difficoltà per capire cosa può e cosa dovrebbe essere”.

Ci sono molti precedenti storici di grandi gruppi rock che si reinventano dopo la morte di un iconico frontman: i Queen con Adam Lambert, gli Alice in Chains con William DuVall o i Sublime con il figlio di Bradley Nowell, Jakob. Se i Linkin Park si riformassero semplicemente come un gruppo dal vivo, con un nuovo cantante che ricrea le parti di Bennington in successi come “In the End”, “Numb” e “One Step Closer”, riuscirebbero a suonare in location importanti. I numeri della band sono stati, e rimangono, enormi: 22,7 milioni di copie dei sette album del gruppo vendute negli Stati Uniti fino ad oggi, secondo Luminate, con milioni di streaming mensili sette anni dopo l’ultima attività della band e l’album più recente. E all’inizio dell’anno scorso, “Lost”, un singolo dissotterrato e pubblicato come parte della ristampa di Meteora, è entrato nella top 40 della Billboard Hot 100 ed è diventato il numero 1 Alternative Airplay più longevo dei Linkin Park in più di un decennio, dimostrando il fascino continuo del sound classico della band.

“L’importanza del loro profondo catalogo musicale non può essere sopravvalutata”, afferma Tom Corson, co-presidente/COO di Warner Records. “Le canzoni dei Linkin Park sono senza tempo – sono diventate parte del tessuto culturale, e noi promuoviamo e commercializziamo attivamente la loro musica, che sia del passato, del presente o del futuro”.

Tuttavia, invece di far leva sulla nostalgia per vendere biglietti, From Zero pulsa con una rinnovata energia, un’estensione dinamica dell’estetica multiforme dei Linkin Park. Alcune delle canzoni presentate in anteprima a Billboard richiamano l’aggressività rap-rock che ha reso la band multiplatino; altre si rifanno a epoche specifiche, come il metal polverizzante di The Hunting Party del 2014 o l’alt-rock atmosferico di A Thousand Suns del 2010. In tutti i casi, i brani sono caratterizzati da un senso di ritmo e di urgenza, come se i membri della band si rifiutassero di mollare la presa o di rimandare di un solo momento il loro grande ritorno.

Al centro della nuova identità del gruppo c’è l’interazione tra Shinoda, che sembra rivitalizzato sia come rapper dal flow veloce che come cantante accorato, e Armstrong, il cui formidabile “raspare” può sia colpire che toccare profondamente gli ascoltatori del rock. In “The Emptiness Machine”, le loro voci si scontrano su colpi di chitarra puliti e formano una tensione magnetica. “È una grande introduzione al disco e a questa formazione”, dice Delson a proposito del singolo. “La canzone inizia con Mike, e la voce di Emily si insinua subdolamente per poi colpire duro nel secondo ritornello, e aumenta l’intensità con entrambe le loro voci fino alla fine del brano”.

Shinoda e Armstrong si completano anche di persona, scherzando tra un aneddoto e l’altro in studio e comunicando una passione condivisa per centre questo prossimo passo dei Linkin Park. “Ora che ci stiamo preparando a fare qualche concerto, è stato meglio di quanto immaginassi”, dice Shinoda. “Emily sarebbe sempre stata in grado di prendere le note e di urlare le parti. La questione sarà ‘come la prenderà la gente?’ e non so come sarà. Ma so che, quando ascolto, mi piace”.

Avreste mai pensato di essere seduti qui a parlare di un nuovo album dei Linkin Park?

Dave Farrell: Potrei darti 100 risposte diverse, perché il mio cervello è stato in 100 posti diversi. A un certo punto, all’inizio – questo risale al periodo pre-COVID, quindi diciamo al 2018 o al 2019 – Joe, Mike e io abbiamo iniziato a scrivere un po’, o semplicemente a riunirci e a dire: “Facciamo qualcosa e vediamo se ci piace; siamo creativi insieme”. Non c’era un fine ultimo, almeno nella mia testa. Così quel processo ha continuato ad andare avanti per un periodo di anni, e poi negli ultimi 18 mesi o giù di lì, si è accelerato parecchio. Credo che io, Mike e Joe siamo diventati molto più intenzionali: “Se questo progetto avrà mai la possibilità di fare qualcosa, allora cerchiamo di essere intenzionali e passare del tempo insieme. Vediamo cosa ne viene fuori”, piuttosto che passare un mese a fare cose e poi non fare niente per 10 o 11 mesi.

Com’era la comunicazione tra di voi nel corso di quegli anni?

Mike Shinoda: Tutti sono sempre vicini, anche se non ci parlavamo sempre. Non faccio caso a quante volte parlo con qualcuno della band, di solito è come se dicessi: “Oh, è venuta fuori questa cosa e Dave la troverà divertente”. Ci si contatta a vicenda, come chiunque altro. Ma credo che a quel punto, nel 2019, si possa dire che parlavamo di meno. Per quanto mi riguarda, tra il ’19, il ’20 e il ’21, lanciavo l’idea di riunirci, ci riunivamo ed era divertente, ma non c’era alcuno slancio creativo. Era una sorta di start e stop.
[La band] ha conosciuto Emily intorno al 2019: è arrivata, abbiamo lavorato insieme nel mio vecchio studio. Abbiamo lavorato insieme… quanti giorni?

Emily Armstrong: Forse tre.

Shinoda: E abbiamo sperimentato con un paio di idee, ma è stato solo un conoscersi. Poi, in un secondo momento, Em è venuta con tutta la band per un pomeriggio e ha lavorato su qualcosa quel giorno. E poi è successo… anni dopo! Ho fatto un paio di altre canzoni e ho lavorato con altre persone. Era come se tutti stessimo esplorando l’idea di altre cose, di quali altre cose ci fossero là fuori. A un certo punto, ho capito che le altre cose che stavo facendo non erano così entusiasmanti, non erano così appaganti come questa. All’inizio era con Dave e Joe, poi a un certo punto è arrivato anche Brad, e abbiamo iniziato a fare sessioni con altre persone, con alcune delle quali avevo scritto nell’anno o due precedenti, compreso Colin. Poi abbiamo coinvolto Emily, ma abbiamo fatto sessioni con molte persone diverse e, mentre lavoravamo, le cose si sono messe a fuoco, spontaneamente. Anche con Emily e Colin, non abbiamo detto: “Ehi, venite, stiamo facendo delle sessioni con i Linkin Park”. Abbiamo solo detto: “Scriveremo canzoni”.

Armstrong: “Non sappiamo cosa stiamo facendo, ma stiamo scrivendo”. È quello che hai detto.

Shinoda: Sono stato molto chiaro sul fatto di non sapere, di non definire nulla. È quello che io, Dave e Joe abbiamo deciso di dire. Ci siamo detti: “Non lo chiameremo Linkin Park”, perché, chi lo sa?

Armstrong: È stato meglio, vedere come va a finire, invece di renderlo qualcosa e poi doverlo realizzare.

Mentre lavoravate, quanto sono stati utili progetti come l’edizione per i 20 anni di Meteora e il greatest hits Papercuts, per mettere un fiocco su quell’era dei Linkin Park?

Farrell: È servito, e quei progetti ci hanno tenuti impegnati l’uno con l’altro in molti modi, anche quando la band non era più attiva da anni. Bisogna parlare e capire: cosa vogliamo fare e come vogliamo farlo? Vogliamo fare il progetto Papercuts, come vogliamo promuoverlo?

Shinoda: (ad Armstrong) Hai prestato attenzione a queste cose? Non ne abbiamo mai parlato. La ristampa di Hybrid Theory e l’album di greatest-hits – sono stati oggetto di attenzione da parte tua?

Armstrong: Assolutamente sì. Soprattutto Papercuts, perché avevo iniziato a frequentarvi molto quel periodo.

Shinoda: Com’è stato?

Armstrong: È stato fantastico! Mi ha fatto sentire un po’ vecchia.

Shinoda: Davvero? (Ride.) Lo adoro. Ha fatto sentire te vecchia? Beh, grazie, perché ora mi sento ancora più vecchio!

Farrell: Stavamo proprio parlando di come, quando eravamo al liceo, un album rock classico fosse tipo Led Zeppelin IV, e ora abbiamo raggiunto il punto in cui per qualcuno al liceo, il suo album rock classico è Hybrid Theory. (Sospira.)

Shinoda: Emily e Colin hanno circa 10 anni in meno di noi – sono una generazione diversa, e quello che mi colpisce è che hanno una prospettiva diversa, con modi diversi di fare le cose, ma sono anche abbastanza grandi da avere esperienza [musicale]. Nel caso di Emily, questo è particolarmente importante. È stata in giro e ha fatto un sacco di concerti, quindi quando pensavo a fare concerti, pensavo: “Ok, non dobbiamo preoccuparci”.

Emily, che rapporto avevi con la band da giovane?

Armstrong: Ero in una band quando è uscito Hybrid Theory. “One Step Closer” era la canzone per me e pensavo: ”Cazzo, questo è quello che voglio fare. Come cantante, voglio essere in grado di urlare”. Quell’album era tutto – l’ho ascoltato un trilione di volte. Lo ascoltavo in skate. Pogavo ascoltandolo.

Shinoda: Non mi hai detto che, quando l’hai ascoltato per la prima volta, non sapevi di poter urlare.

Armstrong: No, all’epoca non urlavo, ma sapevo che era quello che avrei fatto. Mi ci è voluto del tempo per svilupparlo, ma ho imparato ascoltando i cantanti. Non avevo una formazione o cose del genere, quindi [Bennington] era qualcuno che conoscevo – ed ero ossessionata. Ascoltavo solo quell’album.

Emily, quando avete iniziato a lavorare insieme, anche prima che i Linkin Park entrassero a far parte dell’equazione, cosa ti ha attratta del processo di Mike?

Armstrong: Prima di tutto, era molto sicuro – e come artista, se ti senti al sicuro, otterrai di più dalla persona, giusto? È un luogo in cui puoi esplorare qualsiasi cosa stia accadendo. “Di cosa vuoi parlare? Cosa sta succedendo nella tua vita?”. È vulnerabile, e questo è stato fondamentale. Sapevo che quel processo era divertente e mi apriva molte possibilità. Quello è stato l’inizio – e poi ho dovuto aspettare qualche anno.

Shinoda: (Ride) Le ho detto letteralmente: “Per tua informazione, ci muoviamo molto lentamente. Di solito ci muoviamo lentamente, ma in questo momento è tutto ancora più lento. Probabilmente passerà molto tempo prima che tu abbia mie notizie, quindi ti prego di essere paziente con me”. Ricordo di aver detto: “Per favore, non pensare che solo perché non mi senti da un po’ di tempo non penso che tu sia fantastica. Lo penso eccome. Questa è la nostra velocità in questo momento”.

Armstrong: E io ero tipo: “Fico, fico, fico…”.

Shinoda: Ma una volta che la situazione si è ripresa, quando abbiamo iniziato a venire qui [agli EastWest Studios], siamo stati chiari. Ho detto: “Staremo lì per questo numero di settimane. Puoi venire tutte le volte che vuoi, qualsiasi cosa tu senta di voler fare”. E lei ha detto subito: “Va bene se vengo tutti i giorni?”. Ha cancellato la sua agenda e si è presentata.

Armstrong: Che agenda avevo? (Ride) Mi sono accampata con voi.

Farrell: È divertente guardarlo da questo punto di vista ora, ma nel mezzo non sapevamo dove stessero andando le cose. Sinceramente non sapevo se sarebbe stato qualcosa di completamente diverso dai Linkin Park o una nuova versione. Nella mia testa, fermavo i pensieri quando iniziavo a chiedermi: “Ok, beh, se questa è roba nuova, allora come fai a suonare roba vecchia?”. Prima Mike parlava del fatto che lui faceva musica [dopo la morte di Bennington] – io ero l’opposto. Per molto tempo ho pensato: “Non voglio fare musica. Fa male. Voglio evitarlo”. Ci è voluto un po’ di tempo per arrivare al punto in cui ho iniziato a sentire che questo in effetti è energizzante. E questo è stato il cambiamento per me, quando ho pensato: “Sono i Linkin Park? È qualcos’altro?”. Emily sa di Linkin Park, Colin sa di Linkin Park. Lavorare tutti e sei insieme, capire le cose, è energizzante e voglio continuare a farlo. È stato come riempire una batteria invece di scaricarla.

Shinoda: Io, Dave, Joe e Brad ci vedevamo, ed erano le migliori versioni di loro che avessi mai visto. Dal 2017, penso che tutti abbiano davvero riflettuto e lavorato su se stessi. E per usare Joe come esempio, io e lui siamo tipi più creativi e abbiamo una lunga storia insieme, quindi siamo come fratelli, ci irritiamo a vicenda per cose molto specifiche, di solito creative. E quando abbiamo ricominciato a frequentarci più spesso, nel processo che ha portato alla realizzazione di questo disco, mi sono detto: “Che diavolo! Quel ragazzo è fantastico!”. Prima era fantastico – ci prendevamo in giro a vicenda. E ora sono, tipo, ispirato da Joe? Non ho nemmeno parole per spiegare che bella sensazione sia, che una persona che conosci da così tanto tempo sia ora diversa in un modo in cui il tempo trascorso insieme è più divertente e produttivo. Mi piace di più.

A che punto di questo processo graduale vi siete detti: “Ok, questi sono i Linkin Park e queste canzoni faranno parte di un album dei Linkin Park”?

Shinoda: Man mano che le canzoni venivano messe a fuoco, il DNA della band era davvero denso in questo lavoro. Chiamarlo in un altro modo sarebbe strano e fuorviante. Insegniamo ai nostri figli che quando cadi, devi rialzarti e riprovare, giusto? L’idea di fare qualcos’altro, con questo gruppo di persone e il suono di questa musica, mi sembra che sarebbe stata una rassegnazione, in un certo senso. Odio dire “vigliacco”, ma sarebbe stato come avere il piede in due scarpe. All’inizio, credo di aver fatto delle ipotesi ad alta voce e di aver pensato: “Se facciamo qualche concerto o qualcosa del genere, forse ci potrebbero essere un paio di persone a cantare”. Perché non eravamo ancora completamente impegnati [con una nuova formazione] e a quel punto non volevo riporre aspettative altissime su Emily. Ma era un pensiero reale: “Forse è un gruppo di persone sul palco”. E poi Dave è stato uno dei primi a dire: “Non voglio fare le cose a metà. Se dobbiamo fare qualcosa, facciamola con coraggio. Se alla gente non piace, che importa? Finché ci piace e siamo fiduciosi, allora facciamolo con coraggio!”. È quello che abbiamo fatto, e questo è parte del motivo per cui mi sono sentito così legittimato quando stavamo facendo il disco, di poter dire “Questa è una canzone dei Linkin Park”.

Farrell: Non voglio nemmeno che sembri che io abbia mai pensato Emily e Colin fossero automaticamente coinvolti! Da parte nostra, non è un sì automatico – Emily ha un sacco di cose da fare, e lo stesso vale per Colin, che stava avendo un sacco di successo scrivendo e producendo. Tipo: “Ehi, Colin. Vuoi venire a suonare la batteria in tour e lasciare tutto il resto a cui stai lavorando?”.

Shinoda: Io e i ragazzi abbiamo pensato che avremmo dovuto chiedere a Emily e capire effettivamente la situazione – è successo l’anno scorso in questo periodo. Stava per andare in vacanza per una settimana, quindi ci siamo detti: “Dovremmo chiederglielo prima, così quando partirà per il viaggio avrà un po’ di tempo libero per pensarci e se la cosa non è adatta a lei, lo capirà”. In seguito, Emily ci ha detto che abbiamo troppo finto indifferenza.

Armstrong: Ci hanno detto: “Ehi, ehm, solo un paio di domande”. E stavamo registrando in quel momento. “Ehi, allora, sai, abbiamo alcuni concerti in arrivo e alcuni grandi festival. E, sai, manca un anno e pensiamo che saresti fantastica. Pensiamo che potresti cantare tutte le vecchie canzoni, e ci piace quello che fai e quello che sta succedendo in tutto questo processo…”. E io: “Bene, bene, bene, bene!”. Avevo già parlato con le persone intorno a me e con i Dead Sara, che mi hanno detto: “Assolutamente sì. Se te lo chiedono, non c’è da pensarci”. Avevo già messo le mani avanti per essere sicura, e loro stavano mettendo le mani avanti su di me. Era come Melissa McCarthy in The Heat: “Ecco perché non si dà da mangiare ai gatti randagi!”. Io continuavo a presentarmi, ero il gatto randagio. Ma quello era il momento. Quindi immagina di sentirtelo dire, e poi di dover tornare con nonchalance in studio, e loro ti dicono: “Ok, Emily, pensiamo a un’altra battuta, stiamo lavorando sulla strofa!”. Non riesco a pensare a nient’altro, e devo far finta di non star perdendo la testa. Rimango lì per qualche altra ora e cerco di far finta di niente, perché loro fanno finta di niente. Ma non c’è cazzo di modo di elaborarlo. Ricordo che quella sera eravamo lì fino a tardi e dopo ero in preda al panico in senso positivo: “È tutto vero?” Per almeno tre giorni non ricordo di aver mai toccato terra. E poi, quando sono tornata a terra, tutto era diverso, sapendo che la mia vita sarebbe stata diversa, nel modo migliore. Sono tornata in un mondo dei sogni.

Una volta che hai realizzato questa realtà, hai sentito una certa pressione? A quel punto sapevi che avresti cantato le parti di Chester su queste canzoni incredibili, prendendo il posto di una voce iconica.

Armstrong: C’è molto in questa band — è una band davvero, davvero importante per questo mondo. E l’integrità della band mi è stata davvero d’aiuto per restare con i piedi per terra. Ci sono stati molti di quei momenti in cui pensavo, “Merda,” quando parlavi delle dimensioni degli spettacoli, cose del genere. Sono al settimo cielo, ma poi realizzi che c’è molto lavoro da fare. E quando affronti queste [vecchie] canzoni, interpretate da una voce unica che è amata da tante persone ti chiedi, “Come posso essere me stessa, ma anche mantenere l’emozione e ciò che lui ha portato a questa band?” Questo è stato il lavoro che ho dovuto fare. La sensazione, l’energia, erano già lì mentre stavamo lavorando all’album, quindi si trattava solo di incorporare quelle sensazioni. Dovevo capire cosa significasse la canzone per me come cantante, non solo come qualcuno che la ascolta. Devi unire la parte tecnica e l’emozione. È la voce di Chester, ed è la mia, ma voglio le sensazioni siano ancora le stesse di quando io ascolto quella canzone, perché è quello che i fan amano. C’è una passione in questo che spero di riuscire a trasmettere.

Non potevi nemmeno dire a nessuno che eri un membro dei Linkin Park — e questo era circa un anno fa. Perché preparare tutto questo sotto copertura?

Shinoda: Amo le sorprese. Amo pianificare una sorpresa. Quindi, quando arriva questo mese, la festa è pronta, i festoni sono appesi alle pareti e dobbiamo solo invitare gli ospiti. Una volta deciso di passare a WME — e avevamo evitato una grande agenzia per praticamente tutta la nostra carriera, ma sembrava la scelta migliore — dovevamo trovare un modo per farlo, non solo senza fare un annuncio, ma cercando di mantenerlo più segreto possibile, così che non ci fossero articoli di Billboard o altri che dicessero: “Ehi, i Linkin Park hanno appena cambiato agenzia! Deve star succedendo qualcosa!” E loro sono stati davvero ottimi partner in questo senso — riuscire a far sì che una compagnia così grande non lo dicesse a nessuno. Ero nervoso per questo, ma ha funzionato. Non ero preoccupato che lo scoprissero le persone nell’industria musicale — ero preoccupato che i nostri fan lo venissero a sapere e dicessero: “Cosa significa?” e iniziassero a creare teorie.

Volevo chiedere di Rob, che non ha partecipato a questo nuovo progetto, e del fatto che Colin sia diventato il nuovo batterista.

Shinoda: A un certo punto, credo fosse qualche anno fa ormai, Rob ci aveva detto che voleva mettere un po’ di distanza tra sé e la band. E lo abbiamo capito — era già evidente. Cominciava a farsi vedere di meno, a essere meno in contatto, e so che anche i fan l’hanno notato. Per la riedizione di Hybrid Theory e l’uscita di Papercuts, non si è fatto vedere mai. Quindi, per me, come amico, è stato triste, ma allo stesso tempo voglio che faccia ciò che lo rende felice, e ovviamente tutti gli auguriamo il meglio. Avevo già lavorato con Colin — l’ho conosciuto intorno al 2021, quando sono stato invitato a una sessione con diversi autori, e Colin era uno dei ragazzi nella stanza, e ci siamo subito trovati. Suonerà la batteria dal vivo, e la batteria è il suo primo strumento, ma suona anche la chitarra, il basso e le tastiere, e produce e mixa. Abbiamo un modo simile di vedere la musica, partendo da zero, e mi è piaciuto molto lavorare con lui e scambiarci idee. Non so se qualcuna di queste canzoni verrà mai pubblicata, ma avevamo lavorato con grandson, Bea Miller, Sueco — semplicemente riunendoci per creare qualcosa. E poi, quando i Linkin Park hanno iniziato a fare cose nuove, qualunque fosse il nostro progetto, è stato naturale dire: “Oh, Colin. Stiamo facendo qualcosa. Dovresti unirti a noi.”

Mike e Dave, cosa vi ha colpito di Emily che ha funzionato così bene in questo progetto, in termini di voce, idee e approccio?

Farrell: Tornando al 2017 o 2018, conoscevo la voce di Emily grazie ai Dead Sara, e l’ho amata subito — c’è quella connessione immediata con la voce del cantante di una band, quando ti colpisce profondamente. E poi, man mano che abbiamo iniziato a lavorare di più con Emily, non era solo il fatto che fosse super talentuosa come cantante, o che fosse una bella persona con cui amo trascorrere del tempo — quando canta, io mi sento connesso. Per me, questo è ciò che ho sempre provato con i Linkin Park: essere in grado di connettermi emotivamente con quello che Mike stava facendo, con quello che Chester stava facendo, e poterlo assorbire e sentire per me stesso. Mentre lavoravamo insieme e vedevamo le capacità di Emily e ciò che poteva portare alla musica, tutto sembrava così naturale, facile, potente. È difficile da descrivere, a parte il senso di “Questa cosa funziona”.

Shinoda: Sono sempre stato il produttore vocale e sono sempre presente durante la registrazione di tutte le voci. Con Chester, lui era il tipo di cantante che, come la maggior parte dei cantanti davvero bravi, riusciva a imitare molte altre persone. Potevi dirgli Dave Gahan dei Depeche Mode, potevi dirgli Perry Farrell [dei Jane’s Addiction], potevi dirgli Scott Weiland [degli Stone Temple Pilots], e lui poteva cantare in quella direzione con grande precisione. Quindi, quando lavoravamo insieme, sapevo quali leve tirare, e potevo dirgli: “Ehi, stai cantando un po’ come quella persona. Puoi provare a cantarlo come quest’altra?”
E con Emily, specialmente all’inizio, era tipo: “OK, non conosco ancora benissimo la tua voce. Non ti conosco molto bene e non so cosa ti piace.” (Rivolto a Armstrong.) Ti ricordi quando sono venuto qui con… riesco a vedere il suo volto, la cantante country…

Armstrong: Bonnie Raitt.

Shinoda: Sì! Stavo guidando verso EastWest, e mi è venuto in mente che la voce di Emily ha una certa texture che potrebbe andare in una direzione simile a Bonnie Raitt. Sono corso dentro e le ho chiesto: “Ti piace Bonnie Raitt?” E lei: “Sì, adoro Bonnie Raitt.” Abbiamo iniziato a parlare delle canzoni di Bonnie Raitt che conoscevi e ti piacevano, e hai cantato alcune di quelle per entrare nel mood. Poi abbiamo cantato la nostra canzone con quella texture. E ho pensato: “OK, questo è qualcosa che devo sapere. Puoi cantare in quel modo. È davvero utile.” Ad esempio, ora posso dire: “Em, modalità Gatto Selvaggio.” E lei sa esattamente cosa significa! Adesso abbiamo un linguaggio in codice!

Quanto vi è mancato esibirvi dal vivo?

Shinoda: Non mi è mancato per niente, perché lo facciamo ogni giorno.

Armstrong: Ogni giorno.

Shinoda: Ogni giorno! Però sarà bello farlo davanti alla gente.

Armstrong: Dio, non vedo l’ora. Sono arrivata al punto in cui penso: “Ok, lo abbiamo fatto abbastanza. Sono pronta.”

Shinoda: Penso che tu lo sia. È divertente, perché abbiamno provato praticamente solo con lo staff tecnico, e l’altro giorno sono venuti a trovarci alcuni dei [nostri] familiari, con i bambini. Erano nella stanza, e tu hai alzato il livello. Sei andata al 95% della modalità spettacolo. E io ho pensato: “Se questo è quello che succede con 10 persone nella stanza, non vedo l’ora che ci siano molte più persone.” Mentre stavamo lavorando sui brani, abbiamo dovuto cambiare alcune cose, cambiare la tonalità in modo che fosse nel registro di Emily. Per farlo, abbiamo dovuto reimparare canzoni che suoniamo da 20 anni, ed è stato un cazzo di casino! (Ride.) È stato così difficile! Il mio cervello ha avuto un sacco di problemi con un paio di canzoni.

Armstrong: Immagina 50 canzoni con quella sensazione! (Ride.)

Shinoda: Sì, per te e Colin è tutta un’altra cosa. E Colin è un pensatore molto organizzato — mi ha mandato un messaggio del tipo: “Ehi, qui c’è un video su YouTube di voi che suonate questa canzone nel 2015, e avete fatto l’outro in questo modo. E poi nel 2017, Rob l’ha cambiato e l’ha suonato in quest’altro modo, ma è diverso rispetto al disco, giusto? Quindi potresti dirmi quale dovrei suonare?” E io ero tipo: “Uhhh, amico, sto cercando di reimparare Breaking the Habit in una nuova tonalità! Come vuoi suonarla tu?” Un’altra cosa interessante che ho notato è che non abbiamo dovuto cambiare il genere nei testi. Nell’intero catalogo! Tutti i singoli, tutte le canzoni, e non abbiamo dovuto cambiare nessuna parola. Ed è fantastico — mi sento fortunato.

Quanto spesso pensate alle reazioni e alle aspettative dei vostri fan? Ci sarà un’enorme entusiasmo.

Shinoda: Penso che ci aspettiamo che ogni singola persona lo amerà, non ci saranno haters, la fanbase crescerà e tutti i numeri saliranno!

Armstrong: Stai puntando troppo in basso.

Shinoda: (Ride.) Con ogni album che abbiamo pubblicato dopo il primo, ci sono state aspettative. Non ci sono aspettative per il primo disco, ma dal secondo in poi ci sono sempre aspettative, e siamo sempre stati realistici a riguardo. Sappiamo che ci saranno sempre opinioni e reazioni molto diverse, ma quando pubblichiamo qualcosa, è perché è pronto per essere pubblicato, ne siamo orgogliosi, siamo felici di dove siamo e sentiamo che è la migliore fotografia del momento attuale della band. E quando arrivano le reazioni, la nostra porta resta aperta, perché da ascoltatore di musica, a volte sento qualcosa e penso: “È terribile”, ma poi continuo a tornarci e a innamorarmene.

Vedrete come va dopo questo album e tour, o state già pensando a nuove canzoni e progetti creativi? Come state pensando a lungo termine?

Farrell: Penso che ognuno di noi potrebbe avere una risposta diversa. Io sono in questa modalità in cui non voglio andare troppo avanti con i pensieri. Sono molto bravo a vivere nel domani — eccello nel farlo. Sto cercando di essere il più possibile intenzionale nel fare un passo alla volta con quello che stiamo facendo con la band. Detto questo, se continua come sembra e sta andando, ho energia infinita da rimettere nel progetto. Sono sicuro che faremo un tour impegnativo nel 2025, e sono sicuro che poi vorremo prendere un respiro, fare una pausa, riflettere e riorganizzarci. Ma se continua così, sarei molto entusiasta di reinvestire e vedere quali saranno i nostri prossimi passi.

Armstrong: Sento che abbiamo preso un buon ritmo verso la fine della registrazione dell’album. Sento che c’è di più, e sarebbe bello continuare. E inoltre, suonando dal vivo si vede molto di più, ovviamente, ma imparo molto in tour, specialmente con una band.

Shinoda: Sì, è un ottimo punto — l’apprendimento durante il tour, perché ricevi le reazioni alle canzoni e puoi pensare: “Oh, queste cose funzionano davvero bene dal vivo.” E mentre riascoltavamo il disco oggi, pensavo a quanto abbiamo imparato sulla tua voce e su come funziona, e su come lavori tu. Penso che ci sia ancora molto di inesplorato che non ho provato, e amo sempre questa cosa. Di tutti gli album che abbiamo fatto, ogni volta ci entro cercando ciò che non abbiamo ancora fatto, quale pietra possiamo ancora girare. A volte sono solo cose di cui sono curioso, altre volte sono cose di cui qualcuno nella band è semplicemente ossessionato. Quindi vedremo cosa succederà quando, dopo aver attraversato questo prossimo capitolo, torneremo a creare qualcosa di nuovo.