Intervista a Matt Harris

matthias harris

Matthias Harris, polistrumentista che sta accompagnando Mike nel Post Traumatic Tour, è stato intervistato recentemente da Musicradar riguardo il suo incontro con Mike, le maggiori difficoltà degli show e molto altro. Ecco qui la traduzione dell’intervista.

Cosa facevi prima di incontrare Mike Shinoda?

Come molte persone in questo settore, cercavo di cogliere tutte le opportunità che mi si presentavano. In questo modo ho fatto tante cose diverse. Innanzitutto, non mi considero un chitarrista – non mi presenterei mai alle persone in quel modo. Mi è capitato di iniziare a suonare la chitarra, è stata quasi una casualità. Essere un tuttofare è stato un fattore importante per questi concerti; Mike aveva bisogno di qualcuno che potesse suonare più di uno strumento. Sono stato nel mondo della musica per molto tempo, ho suonato con le mie band e in studio ho registrato principalmente le parti di basso. Ho lavorato con diversi artisti e fatto con loro anche dei tour, poi ho deciso di dedicarmi al mondo della direzione musicale. Grazie a questo ho lavorato più su Ableton, facendo tutta la programmazione per capire come progettare i concerti e semplificare le cose, ma assicurandomi anche che il tutto sia interessante e divertente sul palco.

Con che tipo di artisti hai lavorato?

Prima di Mike, stavo lavorando con Jack Garratt, un artista inglese davvero interessante, che fa crossover/elettronica. I suoi concerti sono assurdi, dovreste guardare qualche video! È da solo e suona la batteria con una mano meglio di me anche se usassi tutto il mio corpo. Voleva un setup live in cui potesse suonare cose diverse e metterle in loop, saltando da uno strumento all’altro senza interruzioni. Mike era molto interessato a lui ed è così che sono finito sul suo radar. Sono stato presentato come il ragazzo che aiutava Jack con il setup live. Ho incontrato Mike per la prima volta la scorsa estate e poi ho incontrato anche gli altri ragazzi dei Linkin Park. Io e Mike abbiamo iniziato a parlare del tour e ci siamo visti a Londra quando stava facendo le intervista per la pubblicazione di Post Traumatic. La volta successiva che ci siamo visti eravamo a Hong Kong, il giorno prima del primo concerto del tour!

Le parti di Chester sono molto difficili e in più ci deve essere una certa pressione nel cantarle in modo da rispettare quello che ci ha lasciato…

Sì, credo che ci sia un preciso contesto da conoscere e da rispettare… e, a volte, bisogna fare attenzione a questo. I fan dei Linkin Park sono tra i più appassionati al mondo. Con tutto quello che è successo negli ultimi due anni e il viaggio attuale di Mike, chiunque fosse entrato in quel mondo avrebbe avuto ragione di farlo con molta attenzione. Ad esempio, c’erano momenti durante iln tour in cui Mike voleva parlare con me e il batterista Dan Mayo (siamo solo in tre di noi sul palco) di ogni nuova canzone che secondo noi dovesse essere inserita in scaletta. Poco dopo mi ha chiesto di cantare una delle canzoni originariamente cantate solo da Chester, magari una di quelle che lui non può fare per l’estensione vocale, ma che io riesco a fare.

Come mai avete scelto Sharp Edges?

Il fatto che me l’abbia chiesto è stato un onore incredibile, ma è stata anche una decisione difficile. Quindi gli ho detto che secondo me avrebbe dovuto scegliere lui la canzone perché non conosco allo stesso modo il rapporto dei fan con la musica. Volevo davvero che mi guidasse, così mi ha dato una lista di circa cinque canzoni e ho scelto Sharp Edges perché mi sentivo a mio agio nel suonarla da solo senza Mike. La prima volta è stata un’esperienza davvero intensa e irreale!

Quali sono le parti della setlist più difficili da cantare?

Ovviamente non si tratta tanto di competere con l’estensione di Chester, questo non è mai l’obiettivo. Nella mia mente la sfida è rendere giustizia alle canzoni. I fan arrivano con determinate aspettative e idee di come sarà lo show e forse anche con un’idea delle cose che vanno bene e di quelle che non vanno bene. Ad alcuni fan potrebbe non piacere particolarmente il fatto che io canti alcune parti di Chester, quindi sto cercando di stare dallo loro stessa parte, piuttosto che sentire un qualche tipo di tensione. Le sue melodie possono essere molto difficili. Se non scaldassi correttamente la voce, so che farei molta fatica su una canzone come Iridescent, che ha un ritornello impegnativo. When They Come For Me è un altro brano difficile, anche se il ritornello è solo un ‘Aaaah’, so che non ci arriverei senza riscaldarmi prima. E poi ogni volta che Sharp Edges è in setlist, so di dover fare i compiti – ci sono alcune note parecchio alte.

Come riscaldi la voce prima degli show? Hai dei consigli per chi vuole aumentare la propria estensione?

Io e Mike lo facciamo insieme prima di ogni concerto. Cantiamo sopra una registrazione che ha sul cellulare e facciamo diversi esercizi. Un’altra cosa ugualmente importante sono gli esercizi per la respirazione e per imparare a usare il diaframma. Non credo di essere nella posizione di poter dare consigli, ma queste cose per me funzionano. All’inizio avevo un maestro di canto e ne vale assolutamente la pena. Puoi imparare da autodidatta, anche guardando video su YouTube, ma non è come avere qualcuno vicino che ti dice cosa fare e cosa stai sbagliando.

Per quanto sembri strano, c’è qualche aspetto mentale per cui hai dovuto prepararti, forse anche solo per il primo show?

Il fatto che questo concerto implichi grandi palchi e il cantare parti iconiche di qualcun altro ad un pubblico che già le conosce e le ama per come erano interpretate prima… è abbastanza snervante. Ho dovuto imparare come rilassare la mia mente e il mio corpo e come evitare la tensione. Hai bisogno di toglierti un peso. Quindi, prima di questo primo show, stavo praticando ogni sorta di strano metodo di rilassamento, come le flessioni sul pavimento cercando di distendere la tensione interna. Mike probabilmente avrà pensato che fossi un pazzo totale, haha! Ma se stai per suonare ad un concerto come questo e qualcuno ti sta pagando per fare il tuo lavoro al meglio, non importa se prima sembri un po’ uno stupido! Liberarsi di ogni tensione è tanto parte del lavoro di un musicista quanto conoscere le scale o saper suonare la chitarra.

Cosa hai imparato del processo creativo dei Linkin Park lavorando insieme a Mike?

Non so se ho una buona risposta… con Chester, io sono completamente nella fan-zone. Ma lavorando con Mike ho imparato un sacco di cose come autore, produttore e leader. Una gran cosa riguardo le melodie iconiche di Chester è che sono così semplici, anche la melodia a nota singola del ritornello di Numb. E’ facile, ma Dio se è buona! Sapevano esattamente come trovare una melodia che si fondesse perfettamente con la musica, era sempre molto coerente e stava insieme come una cosa unica. Non sembrava mai come due parti indipendenti di una stessa canzone. Ci sono tanti autori diversi nei Linkin Park e c’è molta collaborazione.

Concludendo, per quelli che non hanno mai incontrato Mike, cosa si può dire della sua persona aldilà della musica?

E’ praticamente impossibile da esprimere! Non è un egoista… se non avessi saputo chi fosse e lo avessi incontrato, non avresti mai detto che fosse un artista da vittorie multi-platino. Non c’è falsità e lui è molto generoso e aperto mentalmente come creator, una vera ispirazione come musicista ma anche come essere umano… E’ infinitamente creativo, non si ferma mai. Mentre siamo sul tour bus, lui lavora su Ableton per divertirsi o per fare illustrazioni e disegni. Il ragazzo è inarrestabile, una vera macchina da guerra. Ma ama ciò che fa quindi ha sempre il sorriso sul volto. La realtà dell’essere intorno a lui giorno per giorno è che è molto tranquillo ed è come un tuo grande amico. L’altra faccia della medaglia è tutta nella mia testa, lavorare con qualcuno che ho ascoltato per 20 anni! Quando uscì Hybrid Theory ero un teenager e quell’album significava tutto per me. Lo amo oltre ogni cosa!

 

Fonte: Musicradar
Foto: Chady Awad