Strike A Cord: riassunto dell’evento

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Il 31 gennaio 2018 si è svolto a Toronto l’evento “Strike a Chord” in cui si è parlato di salute mentale e psicologica specialmente tra i protagonisti dell’industria musicale. L’incontro, al quale hanno partecipato Talinda Bennington, Anna Shinoda e Jim Digby, era organizzato in collaborazione con Live Nation Ontario, Warner Bros Canada e Event Safety Alliance.

Abbiamo visto la live su Facebook ed ecco qui il resoconto.

La discussione inizia con un discorso di Jim Digby, che per 16 anni è stato il road manager dei Linkin Park (il suo primo show con la band risale al gennaio 2002). “La band ha da sempre interagito con i fans in maniera differente. La loro musica è fatta di testi difficili ed è nata una connessione speciale con la loro audience, perchè le loro canzoni parlano all’ascoltatore come nessun’altro fa” – dichiara subito Jim. “Sapete che abbiamo affrontato una tragedia ma prima di cominciare lasciatemi presentare il Chester che amavamo” e subito parte il video di Unicorns & Lollipops.

Jim ci racconta che i Linkin Park hanno creato una famiglia, non erano solo loro 6, hanno sempre trattato tutti come una famiglia, si divertivano in tour sebbene fosse lavoro e lo trattassero come tale. Hanno trascorso momenti divertenti, ci mostra un paio di foto di Chester insieme a Talinda, Anna e Mike. Ci mostra l’ultimo video di Chester, registrato pochi giorni prima della sua morte, in cui giocava con il figlio Tyler alla Jelly Bean Challenge.

Jim ci esorta “Niente era fuori dall’ordinario. Vedete qualche segnale di suicidio? Era una vita felice e regolare. Ma questo video è stato meno di 24 ore prima che si suicidasse.” Prosegue: “Non puoi vederlo che arriva. Questi demoni sono lì dentro ma non possiamo parlarne, esprimerli. Non ci sentiamo di poterne parlare. Ho messo questo ragazzo sul palco per 15 anni guardandolo negli occhi ogni sera, dandogli un bacio prima di uscire là fuori, e non mi sono mai accorto in vita mia che questo sarebbe potuto succedere. Era il migliore Chester di sempre, il top: fisicamente e vocalmente allenato, spiritualmente al meglio. Credeva di avere i demoni sotto controllo. Ecco perchè la famiglia è importante, perchè bisogna parlarsi, chiedersi come stai?”.

Vengono poi presentate la psicologa presidente di Give An Hour, Talinda (badass mom) e Anna che, subito, condivide con noi una presentazione e riflessione. Anna Shinoda è una scrittrice di romanzi per ragazzi e tramite i suoi personaggi era più facile per lei parlare di salute mentale, perchè non doveva sentirsi come se qualcuno la giudicasse. “Quest’estate, circa 1 mese dopo la morte di Chester, la band sarebbe dovuta essere in tour. Decidemmo di andare in tour tutti insieme alle Hawaii coi bambini e abbiamo trascorso del tempo a guarire e a fare profonde conversazioni” ci spiega Anna. “Tornata da lì sentivo di avere molte cose che avrei voluto scrivere ma non pensavo di condividerlo invece, spronata da Mike, ho scritto qualcosa che poteva aiutare qualcuno”. Legge il suo blogpost “GETTING BETTER” (di cui potete leggere la traduzione in fondo a questo articolo) pubblicato il 26 agosto e si commuove.

“If you need help seek it out. Accept help. Be compassionate with yourself.” – “Se hai bisogno aiuto, cercalo. Accettalo. Sii compassionevole con te stesso”.

Interviene nuovamente Jim sottolineando come, subito dopo la loro perdita, abbiano visto e sentito la famiglia: non solamente la loro ma anche quella dei fans, quanto e come sono connessi ai Linkin Park. Quello che hanno fatto Anna e Talinda è stato coltivare la fanbase con la comunicazione sui social media.

“There is hope, you can be helped, you can go through this.” – “C’è speranza, puoi essere aiutato, puoi affrontare tutto”.

Dopo una breve spiegazione del progetto Change Direction fatto dalla psicologa, la parola passa a Talinda che entra nel dettaglio del suo percorso con Chester.

“Ho conosciuto Chester – l’amore della mia vita – ad una festa e dal giorno in cui ci siamo incontrati non ci siamo mai separati. Stavamo insieme da 12 anni e mezzo, quando ci siamo conosciuti eravamo entrambi emozionalmente malsani in modi diversi. Lui combatteva con la depressione e la dipendenza, due cose contro cui io non ho mai lottato. Arrivavo da una situazione di ‘ignoranza’ e ho imparato che prendersi cura della propria salute mentale è importante quanto prendersi cura di quella fisica. Quando Chester è morto è stata una completa sorpresa. Mio marito negli anni passati aveva tentato il suicidio e visto il dolore che la morte di Chris Cornell aveva causato a chi gli voleva bene, avevo ingenuamente pensato ‘Okay, possiamo star tranquilli. Chester non ci farà mai affrontare una situazione del genere.’

Eravamo in vacanza con la famiglia, mio marito era pieno di vita. Doveva tornare a casa per lavoro, era molto eccitato di promuovere il nuovo album, era felice, ha dato un bacio per salutare me e i bambini e non l’ho più rivisto. La chiamata che ho ricevuto la mattina dopo è stata sconvolgente, la vita dei miei figli sarebbe cambiata per sempre, e nel viaggio di ritorno da Sedona a casa – che è sembrato durare un’eternità – sapevo che sarei dovuta entrare nella casa dove mio marito si era tolto la vita e dovevo apparire normale per i miei figli, perché loro avrebbero reagito in base a come io avrei reagito. Sono entrata in quella casa e sono andata nella stanza dov’era accaduto, ho messo insieme i miei pezzi e mi sono comportata più normalmente che potessi. I miei figli sono stati la mia forza. E’ lì che ho iniziato a fare tutto quel che potevo per mettere fine allo stigma.

Ho pensato che guardando indietro, la sua vita [di Chester, ndr] parla da sola. Ha toccato le nostre vite in così tanti modi, la sua voce è il suono di una generazione, è una leggenda. E questo non morirà mai. E ho pensato ‘La sua vita deve esserlo allo stesso modo’.

Non è soltanto un’altra rockstar finita tragicamente, questa storia deve mostrare alla gente che possiamo sembrare così normali, così ok e non essere ok in un istante.

Era sobrio da circa 6 mesi ed era fantastico per lui. Aveva avuto tanta vergogna in passato quando aveva avuto le ricadute, una vergogna che aveva iniziato a condividere con me circa 2 mesi prima di morire, una vergogna che non sapevo le persone potessero provare. Quando è morto e ho saputo che c’erano due bottiglie di birra vuote nella stanza, ho subito capito che era ricaduto ma ho anche capito che quel drink aveva innescato quella vergogna.

La salute mentale è così importante: se avete dei figli parlategli. Loro vanno a scuola, fanno tante cose ma non sanno esprimere le emozioni. Come affrontare le difficoltà è importante. Chester aveva sofferto di depressione fin dall’infanzia senza essere in cura, nonostante i traumi. Nel momento in cui è morto c’era tanto da poter fare ancora per essere felice. Vorrei essermi accorta prima, non posso dire che avrei potuto salvarlo, solo lui stesso avrebbe potuto farlo e condividerò con voi che il mio figlio più grande, Tyler, soffre di depressione diagnosticata. E ne parliamo, non ha mai provato vergogna, non c’è da vergognarsi di non stare bene.

Ho pensato che sarebbe bello un numero di telefono universale, da chiamare quando si ha bisogno di parlare, per qualsiasi cosa. Ho fatto molte telefonate dopo la morte di Chester. Ho creato la campagna 320 Change Direction e stiamo andando avanti velocemente. Tutti quelli qui e in live streaming, siete parte del cambiamento.”

Anna ci racconta poi che è cresciuta in una casa con 7 figli, che uno dei suoi fratelli è un criminale violento: un criminale sessuale. La sua mente ha cercato un modo per farla sentire protetta. Il nostro cervello cerca di proteggerci ma le nostre menti possono essere amiche ma anche nemiche. Le pillole e i medicinali possono aiutarci a sopportare la sofferenza, ma siamo sempre noi che alla fine dobbiamo lavorare per stare bene.

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Interviene di nuovo Jim parlandoci nello specifico dell’industria musicale. Spesso gli artisti o in generale chi lavora in questo settore, deve pensare a moltissime cose che i fans non sanno. I collaboratori si occupano della sicurezza, di organizzare gli spostamenti e gli hotel degli artisti. I cantanti che sono spinti dal pubblico e si caricano. Tutte situazioni che stimolano l’adrenalina. Ecco perchè poi può capitare di ricorrere alle droghe o all’alcol per riprovare quelle sensazioni e ricreare quelle situazioni quando, dopo essere stato in tour e aver sentito emozioni estreme, si torna a casa e si conduce una vita senza esplosioni di adrenalina e che possono portare ad un effettivo stato depressivo. Ed ecco perchè si sta conducendo uno studio al riguardo.

“Replicate the rush on stage” – “Replicare il brivido sul palco”.

Viviamo in tempi difficili perchè siamo sempre sovra stimolati, produciamo una risposta superiore di dopamina quando stiamo sul tablet ad esempio, cose a cui non eravamo abituati prima e che non esistono nel corpo normalmente.

“We have to look after each other” – “Dobbiamo prenderci cura l’un altro”.

“Se penso a come si impegnava Chester…” riprende Talinda. “Tipicamente facciamo del nostro meglio e quando le cose si fanno più difficili, cerchiamo di fare ancora di più. Ma chiediamo davvero come stai? La gente non ascolta la risposta. Non ti risponde con vuoi un abbraccio? Ricordo che eravamo in tour, c’erano Dave e Mike. Dave chiese a Chester come stava e lui iniziò a parlare. Amava parlare. [ridono, ndr] Poi mi disse di esserci rimasto male che a Dave non importasse davvero come stava ma non era vero, era stato il suo modo di percepire le cose. Mi ha fatto molto riflettere sul fatto di quante volte chiediamo come stai ma non ascoltiamo, non stiamo veramente ascoltando. E dopo ci chiediamo cosa mi sono perso, cosa avrei potuto fare.” 

Jim dichiara che Chester era nel periodo migliore da tutti gli anni che lo conosceva. Anche Anna aggiunge che spesso negli anni si era trovata con Mike a parlare di quanto Chester fosse depresso, si chiedevano se avesse potuto andare in overdose. Ma non in questo ultimo periodo. Quando Chester non stava bene e ti guardava negli occhi, in realtà guardava oltre. Ecco perché Jim ci racconta un aneddoto capitato durante il concerto di Londra. Ultimamente Chester portava spesso gli occhiali da sole e Mike chiese a Jim, prima di salire sul palco, di andare da lui e chiedergli di toglierli perchè quella sera avrebbero registrato lo show e avrebbero potuto fare un sacco di inquadrature fighissime, che avrebbero catturato la furia nei suoi occhi. Chester semplicemente si toglie gli occhiali da sole, lo guarda, e con atteggiamento serio gli dice: “Fottiti”.

Con questo esempio Jim sottolinea come quello avesse potuto essere un segno che si era perso. Un episodio a cui non aveva dato peso.

Anna si ricollega però a questo discorso dicendo che, quando qualcuno che ami si suicida, l’unica persona in grado di salvarlo in realtà era lui stesso. Possiamo essere una comunità, ma non possiamo salvare gli altri. La conoscenza di ciò che c’è nella nostra mente è importante, bisogna saper riconoscere il problema e non è sufficiente l’aiuto esterno.

Talinda ci tiene a rispondere indirettamente ad alcuni commenti negativi o accuse fatte nei suoi confronti: Come moglie mi sono chiesta che cosa mi sono persa, che avrei potuto fare; le persone mi colpevolizzano per non averlo salvato o averlo maltrattato. E’ come una piccola coltellata nel cuore. Non è colpa mia, nè dei miei figli o della band. Non è colpa di nessuno. Non è colpa di Chester. E’ un problema di anni e anni di salute mentale non trattata, rapporti non sani. Tu devi essere responsabile della tua salute. Chiedere aiuto a chi ami. Alla fine del giorno sta a te chi vuoi essere. Essere un esempio di chi tiene al proprio io.”

Ad ottobre a Londra, accompagnato da un concerto di cui ancora non sono noti i dettagli, sarà organizzato un Global Summit di Change Direction col supporto di Live Nation e Talinda sarà presente per portare avanti la sua campagna su quanto la salute mentale sia importante quanto la salute fisica.

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Qui potete invece trovare la traduzione del blogspot di Anna Shinoda

Non ho mai parlato pubblicamente della mia salute mentale. Quando è uscito “Learning Not To Drown”, credo di aver accennato al fatto di essere in terapia durante le interviste, ma non sono mai scesa nei dettagli. Con gli amici sono molto aperta a riguardo, ma ho sempre avuto paura di essere giudicata pubblicamente per avere il mio cervello. Ammiravo Chester (in particolar modo nei mesi precedenti alla sua morte) per essere così aperto nelle interviste. Ero fiera di lui per il suo coraggio. Sapevo che, descrivendo il modo in cui il suo cervello funzionava, Chester aiutava gli altri a superare la stigmatizzazione della salute mentale e della dipendenza.

Immagino ora sia il mio turno di essere aperta.

Da persona che affronta depressione e ansia ogni giorno, so quanto sia importante conoscere il modo in cui il proprio cervello funziona e le cose che aiutano. Per quel che mi riguarda, la terapia è stata la cosa migliore per il mio cervello – in particolare l’EMDR e la terapia cognitiva. Ho avuto la stessa psicologa per 14 anni. Ci sono stati momenti in cui ho avuto bisogno di lei cinque giorni a settimana e altri in cui ne ho avuto bisogno una volta ogni pochi mesi.

Per alcune persone sono i farmaci a funzionare meglio. Per un anno della mia vita ho preso medicine per aiutare a diminuire la mia ansia ad un livello in cui mi era possibile affrontare le sedute di terapia e permettere al mio cervello di iniziare a fare nuove, sane connessioni.  Alcune persone potrebbero aver bisogno di farmaci per un breve periodo, alcuni potrebbero averne bisogno per tutta la vita. Dipende da ogni cervello e dal modo in cui funziona.

Per alcune persone le terapie alternative potrebbero funzionare meglio.

Ad alcune persone sono utili i libri.

Per alcune persone funzionano meglio i gruppi di supporto (consiglio vivamente Al-Anon o AA / NA per le persone che hanno un problema di dipendenza: è gratuito, prevede terapia di gruppo e una comunità di supporto).

Per la maggior parte delle persone, servirà provare svariate opzioni e magari anche mischiarne diverse.

L’inizio della mia guarigione ha richiesto ANNI, alcuni dei quali sono stati incredibilmente dolorosi, ma sono grata di non aver ceduto. L’Anna che sono ora, ogni giorno, è quella che sento realmente di essere. Non mi mancano le profonde depressioni o gli scatti d’ira che potevano prendere il sopravvento anche per tutto il giorno. Non mi manca l’aver paura delle emozioni. Non mi manca sentirmi fuori controllo. Ora so che il modo in cui il mio cervello rimane sano richiede esercizio fisico, vitamina D, scrittura, disegno, parlare con amici fidati, a volte l’agopuntura, andare dal mio terapeuta se inizio a scivolare e controllare ogni mese come va in modo da riconoscere subito i segni se dovessi aver bisogno di un po’ di aiuto in più.

Ecco dov’è il problema: prendersi cura della propria salute mentale può mettere in imbarazzo (e questo deve cambiare e tutti possono contribuire), può essere costoso (un’altra cosa che dobbiamo cambiare – potrebbe esserci bisogno di qualche nuova legge) e trovare il giusto terapeuta/psicologo o psichiatra o gruppo può richiedere più di un tentativo. Ci vuole impegno, ed un cervello malato potrebbe non volerti far impegnare. Un cervello malato potrebbe non voler avere a che fare con l’assicurazione o trovare risorse gratuite. Un cervello malato potrebbe dirti che nulla funzionerà per te.

Se hai bisogno di aiuto, per favore, cercalo e prova e riprova se il primo tentativo verso la salute mentale non sembra funzionare.

Chester ha lavorato duramente. Ha lavorato duramente per essere sobrio. Ha lavorato duramente per la felicità. Sono eternamente grata per gli anni che ci sono stati dati grazie all’impegno che ci ha messo. Non sapremo mai cosa stesse succedendo nei suoi ultimi momenti ma sappiamo per certo che l’unica cosa da biasimare è la malattia: dipendenza e malattia mentale. 

Come persona che sta soffrendo incredibilmente per la perdita di uno dei suoi miei migliori amici a causa di una malattia mentale, posso assicurarti che sei importante e che c’è bisogno di te in questo mondo. E che meriti la salute mentale.

Trova un modo che funzioni per il tuo cervello. Impegnati e lavora sodo verso la tua salute mentale. Molto probabilmente non sarà una destinazione da raggiungere, ma un viaggio sempre in corso. E va bene così. L’importante è che tu stia viaggiando e mettendoci impegno, un passo alla volta. Può succedere di scivolare. Non c’è nulla di cui vergognarsi. Ammettilo e torna sulla tua strada. Accetta aiuto. Sii compassionevole con te stesso.

Una cosa che tutti possiamo fare per contribuire a mettere fine alla stigmatizzazione della malattia mentale e del suicidio è stare attenti alle parole che usiamo. Le parole contano. Quando diciamo “morto per suicidio” invece di “si è suicidato”, ci concentriamo sulla malattia piuttosto che incolpare i superstiti o il defunto.

La risposta a “perché qualcuno è morto per suicidio?” è sempre “malattia mentale”. È questa la ragione. E se possiamo cominciare da qui, possiamo andare avanti, non solo per prevenire i suicidi, ma per aiutare più persone a trovare la propria salute mentale.