Il 5 dicembre l’emittente televisiva statunitense DirecTV ha mandato in onda l’episodio del Guitar Center Sessions che ha visto come protagonisti i Linkin Park. Lo show è stato girato il 24 ottobre a Los Angeles, al The Wiltern Theater. L’episodio contiene anche un’interessante intervista a Mike e Chester che ripercorre la carriera della band e svela alcuni particolari interessanti riguardo alla fase di composizione in studio.
Ecco a voi la setlist dello show e il video dell’intero episodio:
01 Mashup Intro #2 (con Session, 1stp Klosr, The Requiem, The Summoning, The Catalyst e Guilty All the Same)
02 Guilty All the Same
03 Given Up
04 Points of Authority
05 One Step Closer
06 Blackout (versione ridotta e strumentale)
07 Papercut (versione ridotta)
08 Rebellion
09 Runaway (versione ridotta)
10 Wastelands
11 Castle of Glass Experience (con estratti di Wisdom, Justice, and Love e di The Radiance)
12 LOATR/SOTD/Iridescent
13 Robot Boy (versione ridotta e strumentale)
14 Joe Solo Medley (con Wretches and Kings, Victimized Remix, Buy Myself Remix, Cure for the Itch, Session e Plc.4 Mie Hæd)
15 Burn It Down
16 Waiting for the End (Apaches Intro; Wall of Noise Outro)
17 Final Masquerade
18 Mike Solo Medley (con Joe; con Wretches and Kings e Remember the Name)
19 Numb (Numb/Encore Intro/Outro)
20 In the End
21 Faint
22 Lost in the Echo (versione ridotta)
23 New Divide (versione ridotta)
24 Crawling (versione ridotta)
25 Until It’s Gone (versione ridotta)
26 What I’ve Done (assolo esteso di chitarra nel bridge)
27 Bleed It Out (intermezzo esteso con assolo di batteria e refrain di The Catalyst)
https://www.youtube.com/watch?v=Ib0XHxfNNGI
Qui sotto trovate la traduzione dell’intervista:
Questa è un gruppo con quindici anni di storia, sei album, cinque numeri uno nelle classifiche, Grammy, milioni di fan su Facebook. Cosa pensate che sia la vostra carriera oggi, e cosa pensate che vi renda così importanti nel panorama musicale?
Chester: abbiamo sempre avuto un’idea di quale dovesse essere l’obiettivo da raggiungere. Ogni componente del gruppo ha lavorato in modo tale da rendere i brani il meglio possibile. Così facendo abbiamo imparato a lavorare mantenendo il controllo sui nostri ego. Questo ha reso la nostra musica senza tempo.
Posso chiedervi di spiegare l’influenza che la musica ha avuto nella vostra vita?
Mike: ripensavo l’altro giorno ai lunghi viaggi con mio fratello ed i miei parenti. C’erano sei o sette ore di macchina ed io avevo le cuffie nelle orecchie per tutto il tempo.
Sono cresciuto suonando il piano, che ho iniziato a suonare a tre anni. I miei genitori mi hanno iniziato alla musica, fino a che ci sono entrato dentro a tal punto da riuscire ad esprimere me stesso.
Chester: quando mi sono innamorato di una ragazza al liceo, ricordo che c’era un brano legato a quel momento della mia vita. Ogni volta che riascolto quel brano, esso mi fa ritornare a quel momento. È proprio questo che la musica consente di fare: ricordarci dei momenti che abbiamo vissuto. Penso che la musica sia la colonna sonora della nostra vita, ciò che ci permette di esprimere chi siamo.
Mike posso chiederti di tornare per un attimo agli inizi, alla genesi del gruppo? Cos’è successo intorno a voi che vi ha spinto ad unirvi per iniziare questo progetto?
Mike: sono cresciuto a Woodland Hills. La differenza tra Agoura Hills, dove poi mi sono trasferito, e Woodland Hills, era che a Woodland c’era un programma scolastico finalizzato a portare i ragazzi del ghetto in un luogo più sicuro, in modo tale da permettere loro di concentrarsi sullo studio e sulla scuola, e di migliorare come studenti.
Il nostro gruppo di amici era molto eterogeneo: c’erano coreani, messicani, ebrei, ecc… tutti con un background e delle influenze differenti. Sono stati loro che mi hanno introdotto al mondo della musica rap.
Poi mi sono trasferito ad Agoura. Lì non avevamo questo tipo di programma, e non c’era tutta quell’eterogeneità. Uno dei miei migliori amici (Mark Wakefield, ndr) disegnava, ed era un artista come me. A lui piaceva la musica alternativa come la new wave, quello che allora stava emergendo come grunge, ecc… e mi ha introdotto a questo tipo di musica, mentre io l’ho introdotto al rap. All’epoca usavo già i campionatori e suonavo la tastiera, mentre lui suonava la chitarra. Ci vedevamo ogni settimana per buttare giù dei brani. Eravamo solo in due ad imparare tutto ciò che serve per scrivere dei brani. Questo fu l’inizio. Con il trascorrere del tempo siamo diventati più seri ed abbiamo coinvolto altri ragazzi nel gruppo. Il nostro vicino di casa era Brad, che suonava la chitarra. Brad andava al liceo con Dave, mentre io andavo a scuola con Joe… e da amici siamo diventati una vero e proprio gruppo. Ad un certo punto però, ci siamo accorti che il ragazzo con cui avevo fondato il gruppo (il mio migliore amico) non poteva essere il cantante, e siamo andati alla ricerca del componente mancante.
Chester tu cosa facevi all’epoca, quando hai incontrato Mike?
Chester: è accaduto tutto per caso. Avevo 23 anni. Prima suonavo in un’altro gruppo, ma non avevamo una persona capace di tenere le fila, ed il gruppo stava cadendo a pezzi. Per un periodo ho abbandonato definitivamente la musica, pensando di dedicarmi ad altro.
Dopo anni che non ci sentivamo, ho ricevuto una chiamata dal manager del gruppo in cui avevo suonato. Mi ha parlato di un gruppo di ragazzi della California che voleva creare qualcosa di speciale e che, secondo la sua opinione, aveva molto potenziale. Ho ascoltato qualche loro pezzo ed ho pensato che fosse davvero fantastico. In pochi giorni ero in California.
Hybrid Theory è stato il vostro album d’esordio. Parliamo di qual periodo: fine 2000/inizio 2001…
Chester: per noi è stato un periodo folle. Avevamo un tema che ci piaceva, ed eravamo eccitati a riguardo. Per molte etichette discografiche è stato difficile capire come definirci: a volte sentivi brani molto pesanti come Points of Authority, a volte sentivi brani più dolci come In the End. Sentendole separatamente avresti potuto pensare che non fossero nemmeno dello stesso gruppo.
Mike: in quel periodo le case discografiche ragionavano nell’ottica di ciò che era popolare. Per loro era difficile capire la differenza tra quello che all’epoca era il nu metal, e quello che facevamo noi. Noi non ci siamo mai considerati un gruppo nu metal, anche se ci hanno etichettati in questo modo. C’erano il rap e le chitarre elettriche, è vero, ma noi volevamo fare qualcosa di diverso.
Chester: sapevamo cosa volevamo fare, ma le case discografiche non ci volevano. È stata una lotta, e penso che la rabbia e la frustrazione in cui siamo caduti ci abbiano spinti ad emergere.
Mike: la settimana in cui è uscito il disco (Hybrid Theory, ndr), abbiamo cercato di indovinare il numero di copie che avremmo venduto. Il minimo era 5.000, il massimo 12.000. Siamo arrivati quasi 45.000 copie.
E poi il successo è continuato… Per molti gruppi, per molti artisti, il successo a volte può essere spaventoso. Chester, c’è stato un momento in cui hai dovuto fare il punto della situazione: cosa è successo?
Chester: per me il successo del gruppo non è mai stato un problema. Erano cose che mi portavo dietro da un sacco di tempo. Un ruolo molto grosso l’ha avuto la relazione che avevo con la mia ex, relazione che ha contribuito a farmi avere una determinata visione della vita. Mi nascondevo dalle persone, perché quando la tua vita è strana, non vuoi che gli altri vedano questa stranezza. Vuoi che vedano solo una parte della tua vita. Quando fai così rischi di non capire più chi sei veramente. Poi è arrivato il gruppo e mi ha aiutato. Grazie a persone ed esperienze positive sono riuscito a sistemare un po’ di cose.
Quando le persone diventano adulte, spesso scoprono di aver vissuto dei drammi in passato. Tu hai parlato del divorzio… Molti gruppi passano attraverso la droga o cose simili: quando hai realizzato di esserci dentro, e i tuoi compagni sono venuti a dirti “hey, sei un amico… non solo il cantante di un gruppo: come possiamo aiutarti?”, la musica ha influito sulla situazione, non è così?
Chester: la musica era la cosa che mi piaceva di più della vita. Specialmente in questo gruppo, mettevamo molto nella comunicazione, nel lavoro, ed era come se ci muovessimo in sincrono. Quando sei un meccanismo che si muove in sincrono (il gruppo), ed improvvisante ti trovi a staccare su altri aspetti della vita che non si muovono in sincrono, è molto frustrante. Col tempo, le cose hanno iniziato a procedere nella stessa direzione anche negli altri aspetti della vita, perché cercavo di essere produttivo nella vita così come lo ero nel gruppo. È stato il periodo di transizione di Minutes to Midnght. La musica mi ha dato una possibilità perché mi ha permesso di essere produttivo sia fuori che dentro al gruppo. È stato un bel periodo per il gruppo, seppur difficile.
Come descriveresti il ruolo che il gruppo ha assunto registrando The Hunting Party?
Chester: con questo disco siamo andati un po’ fuori dagli schemi. Uscire dagli schemi può far paura, perché si sa che le persone hanno delle aspettative, ma l’importante è che il disco ci piaccia e che l’intero gruppo sia coinvolto nel processo di realizzazione.
Quindici anni di carriera, sei album… vi siete chiaramente evoluti come artisti e come persone. Posso chiedere a ciascuno di voi, magari partendo da Mike, quale è stato uno dei vostri migliori momenti musicali: sul palco, in studio, mentre scrivevate?
Mike: è una folle corsa essere in questo gruppo, perché succedono molte cose … C’é stato un periodo in cui, durante le fasi di realizzazione del disco, il mio ruolo era estremamente definito. Un giorno, durante la lavorazione di A Thousand Suns, gli altri membri del gruppo mi hanno detto: “Vogliamo menzionarti nei crediti come produttore dell’album, perché è quello che stai facendo“. Con l’andare del tempo ho preso quel ruolo sempre più seriamente, fino al punto in cui siamo oggi.
The Hunting Party è un album autoprodotto. I produttori siamo io e Brad, che è stato il mio braccio destro in studio. Abbiamo imparato abbastanza da poter dire con tranquillità di essere in grado di lavorare senza Rick Rubin. Non sono meglio di Rick, non sono bravo quanto lui, ma so esattamente cosa voglio e so come ottenerlo.
Chester: non abbiamo chiesto a Mike e Brad di produrre il disco. È successo. Perché ora siamo abbastanza bravi da lavorare assieme come gruppo e di non necessitare di aiuto esterno.
Fonte: LPLive.net