Le reazioni al ritorno dei Linkin Park l’anno scorso sono state ovviamente le più disparate, soprattutto all’interno della fanbase. Qualsiasi sia l’opinione a riguardo, diventa molto difficile gestire dal punto di vista emotivo e metabolizzare la nuova forma di una band generazionale come i Linkin Park. Non è stato semplice per noi – che siamo comunque stati fin da subito molto felici di questo ritorno e da come è stato gestito – e capiamo che non lo sia stato per nessuno. Ma, dall’altro lato, è stato facile, con il passare delle settimane e con le reazioni alla pubblicazione di “From Zero”, comprendere come i “nuovi” Linkin Park siano stati piano piano accolti a braccia aperte da quasi tutta la fanbase mondiale.
Sono questi motivi per cui, con l’annuncio dell’unica data italiana del 2025 arrivato a pochissimi giorni da “From Zero”, i quasi 80mila biglietti disponibili sono stati polverizzati in pochissimo tempo. Ma un conto è lasciarsi riconquistare dal ritorno discografico di una band che ci ha segnato fin da ragazzini, attendendo con ansia anche quello dal vivo, un altro conto è vedere e capire quante di queste aspettative verranno effettivamente ripagate andando di nuovo a vedere i Linkin Park sul palco.

Che le aspettative fossero alle stelle si era già capito nei giorni precedenti al concerto e soprattutto lunedì. Dalla fila immensa fuori dalla pizzeria che ha ospitato il pop up store Linkin Pizza – al quale anche la band ha fatto una comparsa, concedendosi ai fan per autografi e foto –, fino al nostro classico raduno pre-concerto tenutosi all’Headbangers Pub, a cui siete venuti in tantissimi. Di questo vi ringraziamo, perché è stato uno dei segnali maggiori di quanto la community sia ancora presente e coinvolta al 100% e di quanto noi tutti abbiamo ancora bisogno di questa band.
Ma passando al concerto in sé, l’Ippodromo La Maura si è riempito fin dalle prime ore del mattino per questa giornata epocale. Le temperature altissime non hanno minimamente scoraggiato orde di fan che si sono presentati diverse ore prima, assistendo all’alternarsi sul palco di JPEGMafia, Jimmy Eat World e Spiritbox. E mentre il sole inizia a tramontare, un countdown di 10 minuti parte sui maxischermi e si conclude sulle note di “La Solitudine” di Laura Pausini – c’è da dirlo, cantata QUASI con la stessa intensità di “In The End” da tutti i presenti.

Il countdown arriva a zero – fortunatamente senza ripartire al contrario questa volta – e un boato avvolge tutto l’Ippodromo: è tutto vero, i Linkin Park sono tornati e bastano pochissimi minuti per dimenticarsi tutti i dubbi e le preoccupazioni di cui sopra, perché fin dall’inizio di “Somewhere I Belong” la simbiosi tra band e pubblico è totale. I cori di sostegno tra un brano e l’altro (per la band, per Mike e soprattutto per Emily) sono incessanti e vedere una sola faccia scontenta è praticamente impossibile.
Fin dal primo atto, la scaletta è un mix di pezzi vecchi e nuovi e immediatamente ci rendiamo conto di come Emily, Colin e Alex si siano integrati perfettamente all’interno della band, che sembra suonare insieme già da diversi anni. Nessuna incertezza sul palco quindi, i Linkin Park si sono mostrati pienamente consapevoli dei propri mezzi, portando comunque il giusto rispetto a tutte le fasi della propria carriera. In questo, la performance di Emily risulta particolarmente efficace. La cantante si muove infatti come la veterana che è e nonostante il dover stare sul quel palco e il dover interpretare determinati pezzi pesi un macigno, la sua performance, sia a livello vocale che di coinvolgimento, è lodevole – soprattutto sui nuovi brani, per ovvie ragioni. Si mostra umana, commuovendosi, come spesso accade, sulla meravigliosa “Waiting For The End”, si mangia letteralmente il palco sulle parti più cattive, dando chiaramente la sua impronta ai brani e lascia anche che il pubblico canti a squarciagola sezioni iconiche come quelle di “In The End”, “Numb” e “Crawling”, perchè è bene ricordare come detto da Mike in occasione del primissimo ritorno a settembre, “in the role of Chester Bennington is each of you”.

La chimica con Mike è già pressochè perfetta: i due, insieme e singolarmente hanno tutto il pubblico ai loro piedi ed è evidente la felicità e l’entusiasmo del leader della band, che durante la sua parte solista dello show, scende anche tra il pubblico e canta insieme ai fan una strofa di “Until It Breaks”, dopo aver regalato un cappellino ad una ragazza in lacrime.
Come già detto, tutta la band funziona ancora a meraviglia sul palco, così come tutti i pezzi. L’atmosfera si scalda particolarmente nella seconda parte dello show, quando Mike chiede a gran voce di formare diversi circle pit prima di suonare “Two Faced” e “One Step Closer”, prima di rincarare la dose poco più tardi con pezzi come “Faint”, “Papercut”, “A Place For My Head” (che ormai è presenza fissa in Italia dopo l’indimenticabile “as you wish” del 2015) e “Heavy Is The Crown”, con il dilaniante scream di Emily che è già leggenda. E come da tradizione, si chiude la festa con “Bleed It Out”, che, dopo due ore di un concerto spettacolare (sia a livello musicale che scenografico) ci lascia increduli, stravolti e felici.

Per capire quanto avessimo bisogno del ritorno dei Linkin Park basta concentrarsi su un paio di cose, come la pura felicità di Mike, che corre senza sosta per tutto il palco con un sorriso a 32 denti o le reazioni dei presenti, che hanno potuto ammirare una band viva, vegeta e in uno stato di forma strepitoso. I Linkin Park sono ancora i Linkin Park, in una nuova forma che non va in alcun modo a intaccare la grandezza di ciò che è stato, ma ci si affianca, lasciandoci senza il minimo dubbio o la minima apprensione per il futuro.
“So I’m picking up the pieces now, where to begin? The hardest part of ending is starting again”
Ci sono voluti sette anni per raccogliere i cocci, rimetterli insieme, guarire e tornare sul palco – prova comunque molto diversa dallo studio. Sette anni in cui i Linkin Park hanno trovato nuovi interpreti che si sono naturalmente inseriti in un meccanismo che – finalmente possiamo dirlo – ha ripreso a girare a meraviglia sotto ogni punto di vista. E a proposito di meraviglia, la cosa più meravigliosa – ancora più che vedere sul palco una band così perfetta – è stato guardare dentro noi stessi, capire che per forza di cose non siamo più gli stessi di otto anni fa, ma che nonostante questo siamo ancora in grado di emozionarci, urlare, ridere e piangere avendo davanti una band che da più di venti anni (o quanti ne volete per ognuno di voi) è parte integrante delle nostre vite.
Di questo, forse, più che di ogni altra cosa, siamo immensamente grati. Probabilmente fino a ieri neanche noi sapevamo quanto avevamo bisogno dei Linkin Park. Riscoprirlo in questo modo è quanto di più bello avremmo potuto chiedere.