Until It’s Gone: lyric video, testo, traduzione e recensione

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Dove eravamo rimasti?

Ancora decisamente inebriati dall’atmosfera elettrizzante che si era venuta a creare non più di qualche settimana fa con il pubblico rilascio della prima anticipazione del nuovo album dei Linkin Park, orde di supporter vecchi e nuovi dei sei californiani attendevano con trepidazione questo momento, che di fatto offre una primissima, seppur acerba, chiave di lettura su ciò che potrebbe essere la nuova tanto attesa fatica dei nostri. 

Se infatti è vero che un solo indizio non può condurre a un benché minimo accenno di sentenza, due indizi possono al contrario costituire una prova, seppur parziale e non facilmente interpretabile, di ciò che potremmo ritrovarci ad ascoltare fra poco più di un mese. 

Lentamente, il complicato puzzle sonoro del nuovo The Hunting Party va componendosi di nuovi tasselli, sia da un punto di vista “comunicativo”, con dichiarazioni altisonanti di rottura degli schemi da parte di tutti i membri della band, sia dal punto di vista più strettamente musicale, aspetto che coinvolge questi due nuovi brani, rilasciati a breve distanza l’uno dall’altro. Entrando nel merito, si tratta, de facto, di due episodi del disco radicalmente agli antipodi in termini di genere e pretese e che, nel complesso, se non altro suggeriscono all’ascoltatore che questa nuova direzione musicale della band potrebbe mostrarsi in forme più variegate e, perché no, ispirate rispetto alle produzioni più recenti, che proprio su questi due aspetti chiave avevano lasciato non poco amaro in bocca. 

Soffermandosi sull’ultimo tassello a noi giunto in ordine cronologico, verrebbe in prima analisi da dire “nulla di (troppo) nuovo sotto al sole”: il nuovo singolo Until It’s Gone, presentato in anteprima sul BBC Radio 1 e in uscita ufficiale a breve, non si può propriamente definire quella mezza rivoluzione copernicana che, almeno per gli standard dei Linkin Park, era stata la precedente Guilty All the Same. Non v’è traccia alcuna di texture cupe e graffianti, nessun azzardato volo pindarico dal punto di vista strumentale in nessun comparto e si fa strada, anzi, un palese ritorno a una struttura del brano già ampiamente collaudata nel disco precedente, e questo aspetto riguarda anche le sonorità stesse, nella gettonatissima formula a metà strada fra rock radiofonico ed elementi di ovvia derivazione pop. Naturalmente, la navigata esperienza dei Linkin Park nel creare dal nulla elevatissime aspettative fra i loro adepti, ha voluto non a caso questa sequenza temporale fra le due pillole. La prima, ha decretato lo shock iniziale: l’ambientazione quasi hardcore punk, l’aggressività nelle linee vocali, la potenza viva degli strumenti fisici e reali elevata all’ennesima potenza sul classico muro del suono elettronico stra-abusato negli ultimi anni, andava a confermare le parole contenute nelle dichiarazioni dei due frontman riguardo a una certa visione del futuro musicale della band (e del rock sui-generis). 

Questo brano invece attenua i contrasti, sfuma le tinte forti, esalta altri aspetti che potremo forse cogliere nel prossimo disco, qualcosa che forse ha più a che fare con una ragionata emozionalità che con la sterile rabbia esplosiva espressa in precedenza. 

Da questo punto di vista il brano coglie il bersaglio, grazie ad una certa immediatezza del cantato specie nelle strofe, seppur latitando di quell’energia extra nel ritornello che probabilmente avrebbe reso questo brano un singolo decisamente più azzeccato nel suo complesso. La prestazione di Chester, un po’ titubante in alcuni passaggi, è compensata dalla solita fine produzione del gruppo, che ad hoc piazza qua e là piccole sprazzi di talento compositivo a rendere il brano, musicalmente, sufficientemente omogeneo e filante per poter essere considerato adatto al ruolo di singolo di lancio del nuovo disco.

In definitiva però, poche sono le certezze: fra queste, sappiamo che lo scopo di questo pezzo non è quello di sfondare nella top 10 di Billboard, e probabilmente questo non è neppure l’intento del gruppo per l’intero prossimo album. Ma se The Hunting Party sarà in grado di offrire “sbalzi” e varietà come quelle esistenti fra queste prime due tracce da noi ascoltate, probabilmente potremo toglierci qualche soddisfazione.

 

UNTIL IT’S GONE

A fire needs a space to burn
A breath to build a glow
I’ve heard it said a thousand times
But now I know

That you don’t know what you’ve got
Oh you don’t know what you’ve got
No you don’t know what you’ve got
Until it’s gone

I thought I kept you safe and sound
I thought I made you strong
But something made me realize
That I was wrong

‘Cause finding what you got sometimes
Means finding it alone

And I can finally see your light
When I let go

‘Cause you don’t know what you’ve got
Until it’s gone
’Til it’s gone…

‘Cause you don’t know what you’ve got
Oh you don’t know what you’ve got
No you don’t know what you’ve got
It’s your battle to be fought
No you don’t know what you’ve got
‘Til it’s gone

FINCHÉ NON C’È PIÙ

Una fiamma ha bisogno di aria per bruciare
Di un soffio per creare un bagliore
L’ho sentito dire mille volte
Ma ora so

Che non sai quello che hai
Oh non sai quello che hai
No non sai quello che hai
Finché non c’è più

Pensavo di averti tenuto sana e salva
Pensavo di averti resa più forte
Ma qualcosa mi ha fatto capire
Che avevo torto

Perché a volte trovare quello che hai
Significa trovarlo da soli

E riesco finalmente a vederti risplendere
Quando lascio perdere

Perché non sai quello che hai
Finché non c’è più
Fino a che non c’è più

Perché non sai quello che hai
Oh non sai quello che hai
No non sai quello che hai
È tua la battaglia da combattere
No non sai quello che hai
Finché non c’è più