The Hunting Party European Tour: il report

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Il concerto di Roma tenutosi poche settimane fa ha concluso quello che è stato uno dei tour più acclamati, discussi e seguiti da tutta la fan base europea nella storia della band. Statistiche ufficiali parlano infatti di una presenza di circa 400.000 persone tra le varie tappe che si sono susseguite con un ritmo frenetico ed incessante dal nord al sud dell’Europa, dalla Finlandia fino qui, nel nostro bel paese con un coro che ancora riecheggia tra i fili d’erba dell’Ippodromo della Capannelle.

Ma veniamo ora a cercare di “sviscerare” questo tour che, come detto nell’introduzione è stato tra i più seguiti, ma anche tra i più discussi nella storia della band, non solo a livello europeo ma, come vedremo più avanti, anche a livello mondiale. Come avevamo già ampiamente discusso in un precedente articolo The Hunting Party è sicuramente un’album che convince: l’incessante opera di sperimentazione che il gruppo porta avanti fin dai suoi esordi trova in quest’ultimo album la chiave di volta del lavoro musicale della band svolto fino ad ora. Il successo è testimoniato e manifestato in maniera fervida ed evidente da una fan base a livello mondiale in costante aumento e da presenze ai concerti che molto spesso surclassano le presenze dell’esibizione precedente anche a distanza di breve tempo.

Nonostante ciò Shinoda e compagni come già si era potuto evincere da precedenti esibizioni hanno minuziosamente evitato di inserire nuove tracce all’interno di una setlist ormai ben consolidata da successi di fama mondiale e brani più recenti (nonostante la dichiarazione iniziale di Chester di come The Hunting Party fosse “un disco fatto apposta per essere suonato dal vivo“); a proposito di ciò è d’obbligo menzionare come Guilty All the Same, un brano acclamato e inizialmente utilizzato come “ariete” per il lancio del nuovo album e prepotentemente apparso in scaletta ad ogni angolo del globo, sia misteriosamente scomparso.

Se però precedentemente si pensava che oltre alla sopracitata Guilty All the Same anche Rebellion e Wastelands già utilizzate nel precedente tour fossero destinate a essere sostituite (con l’inserimento più che gradito e atteso da parte dei fan di brani come War, Mark the Graves, Keys to the Kingdom…) il tour appena conclusosi ha invece confermato la loro presenza insieme a Final Masquerade e ed un brano che inizialmente si pensava potesse materializzarsi solo nei pensieri più reconditi di ogni fan, parliamo proprio di A Line in the Sand che anche per la gioia di noi fan tricolore ha fatto capolino durante l’ultima esibizione.

Esibizione, quella di Roma, che così come i due precedenti live, rispettivamente quelli di Berlino e Dusseldorf si è contraddistinta per l’assenza alla console di Joe, assenza dovuta secondo alcune indiscrezioni da un’improvvisa emergenza familiare che lo ha costretto a rientrare in patria, a raccogliere lo “scettro” è stato Warren, tecnico di Joe che ha comunque saputo essere all’altezza di ogni situazione. Proprio parlando di tappe, bisogna sottolineare come per la prima volta la band abbia inserito tra le mete del tour anche la Bielorussia, per la precisione Minsk, dove, per la prima volta in assoluto, la band si è esibita il 27 di Agosto. Pur essendo la prima volta per il pubblico bielorusso assistere in casa ad un’esibizione della band, anche in questo caso i fan non hanno mancato di farsi sentire, organizzando un flashmob sulle note di Final Masquerade che prevedeva l’utilizzo di maschere.

Se dunque il tour europeo ha calamitato l’attenzione dei milioni di fan presenti sul vecchio continente la stessa cosa può essere detta in riferimento ai fan del sol levante e al tour cinese della band tenutosi poche settimane prima, anche qui, come era prevedibile le sorprese non sono mancate; ma andiamo con ordine.

Iniziamo con il ricordare che il gruppo non toccava il suolo cinese fin dal 2009, dopo il loro esordio nel 2007 che ha permesso al gruppo di consacrarsi anche dall’altro lato del mondo come il primo grande gruppo rock a livello mondiale a portare un genere di musica innovativa, un sound rock che da lì a poco avrebbe spianato la strada anche a band come Muse e Metallica in quanto a successo e a favore ottenuto dalle rispettive fanbase. Il successo ottenuto ha fatto sì che i Linkin Park valutassero un ritorno, atteso nel 2008 e successivamente annullato a causa di un’infortunio che vide coinvolto Chester; nel 2009 però fu Shanghai ad essere designata come tappa della band e l’evento, data la trepidante attesa non poté essere che un successo. Veniamo ora al 2011, in quell’occasione la band programmò per il mese di settembre ben tre tappe le quali vennero poi successivamente annullate in quanto il sestetto californiano venne bandito dalla Cina. Il ritorno tanto atteso dai fan cinesi si è dunque materializzato quest’anno con le esibizioni di Nanjing, Shenzhen, Shanghai, Chongqing e Pechino.

Altra particolarità che ha accompagnato queste esibizioni riguarda la scaletta adottata, in cui, oltre ai consueti classici, al debutto dei Fort Minor con Welcome ha visto la sostituzione di Points of Authority con RebellionCrawling, la quale aveva fatto da apertura ai precedenti live in Messico è stata eliminata dalla prima tappa di Nanjing e successivamente è stata eliminata anche dalla successive esibizioni senza essere sostituita. Anche il consueto Meet & Greet ha subito notevoli variazioni, l’atteso incontro tra i fan e la band non è avvenuto durante questo tour in maniera convenzionale, ma nelle tappe di Shenzhen e Chongqing è stato organizzato un Meetup per tutti i membri LPU durante il quale solo alcuni fortunati fan sono stati selezionati per incontrare la band. A Nanjing inoltre l’esibizione dei Linkin Park si è tenuta all’interno di uno stadio, la cui particolarità è che non fossero previsti posti in piedi, ciò ha costretto i tecnici della band a riconfigurare l’allestimento della scenografia con l’installazione di maxischermi più ampi e aumentando il numero di luci per la buona resa scenografica di uno show che non ha precedenti.  

Un tour dunque davvero pregno di curiosità e sorprese, tra le quali di certo si può annoverare quella che ormai sembra essere l’inizio di una tradizione ossia la “digressione musicale” operata da Mike Shinoda e il suo “one man show”, in riferimento ai Fort Minor e che a ogni live sta guadagnando minuti di esibizione e fette di pubblico che scoprono o ri-scoprono il side project brandizzato Shinoda nato nel 2004 e che a giudicare dal massiccio fervore che lo ha accompagnato pochi mesi fa in occasione del suo ritorno ha colpito nel segno e nei cuori dei fan che ad ogni esibizione della band non hanno mancato di far sentire il proprio calore ed apprezzamento.

Due aggettivi che forse più di tutti riassumono quello che è stato, per venire a noi, il concerto tenutosi all’Ippodromo delle Capanelle di qualche settimana fa il cui report lo potete trovare cliccando qui.

Concerto che a distanza di poco tempo da quello tenutosi a Milano è stato capace di raccogliere un numero di persone impensabile fino a poco tempo prima e che ancora una volta ha sottolineato il grande affetto che la fan base Italiana è in grado di regalare, con tutte le emozioni connesse che hanno accompagnato l’esibizione la sera del 6 Settembre. Un riferimento obbligatorio va inoltre a quello che è stato se non il più grande, sicuramente uno dei più bei flashmob tributati alla band con variazioni di scaletta, dediche e ringraziamenti che sono stati capaci di elettrizzare il pubblico, emozionarlo fino alle lacrime, farlo urlare di gioia avvicinando una volta di più lo spettatore ai propri beniamini che si confermano come capaci di avvicinarsi alla quotidianità e a quell’umanità che a noi, semplici fan sembra impensabile per sei ragazzi che vendono milioni di dischi e che accomunano un numero spropositato di persone in tutto il mondo.   

Fonte: LPLive.net