Intervista a Talinda Bennington su Inner Space

talinda bennington

Anche Talinda, oltre ad Anna Shinoda, è stata recentemente intervistata su Inner Space dalla Dott.ssa Barbara Van Dahlen, riguardo la scomparsa di Chester e il modo di affrontare la perdita. Potete trovare il podcast qui (nell’episodio intitolato “Entertainment & Emotional Well-Being”) e la traduzione dell’intervista di seguito.

Sono qui con la mia amica Talinda Bennington per parlare di come si sia connessa con i fan di Chester a seguito della sua morte per suicidio, di come condividere la sua storia con loro e con il mondo intero abbia aiutato altri che soffrivano e di come abbia aiutato lei stessa a star meglio.

Facciamo un passo indietro al 2017 – puoi raccontare di come tu stessi cercando un partner, cosa che ha portato alla nostra conoscenza attraverso amici in comune? Torniamo indietro a quella dura estate…

Assolutamente. È parte della storia, quindi… Nel luglio del 2017 mio marito si è tolto la vita. È stato del tutto inaspettato e l’ha fatto in un momento in cui tutti noi pensavamo che stesse bene. Mi ha lasciata con dei bambini molto piccoli. Ben presto mi sono resa conto di dover trovare un modo per spiegare loro la morte del padre, un modo che non fosse pieno di vergogna, che non fosse imbarazzante e, soprattutto, che gli facesse capire che non è stata colpa loro. Quindi ho iniziato a provare ad inserirmi nel mondo della salute mentale, a vedere quali organizzazioni ci fossero in giro, pensavo che forse ne avrei potuta fondare una, ed è così che mi sono imbattuta in Give An Hour e Change Direction. Ho immediatamente capito che avevamo la stessa visione e ho voluto unirmi.

Voglio tornare un attimo su quel che hai detto per i nostri ascoltatori, c’è un aspetto di questa storia di cui io e te abbiamo già parlato e che per me è molto importante. In quei primi tempi in cui tu e la tua famiglia stavate affrontando un dolore enorme, hai avuto una forza davvero grande nel prenderti cura dei tuoi bambini, nell’assicurarti che fossero protetti dalle crudeltà della nostra società riguardo la morte di una persona cara per suicidio. Puoi riflettere su questo, sul perché e sul come, o forse non c’era un perché, forse è stato istintivo capire che era molto importante per loro e per la nostra società, visto che sei una madre fantastica. Come è successo?

Penso che sia stato in gran parte istintivo, per proteggerli. Sapevo che non avevano bisogno di protezione solo per qualche mese. Pensavo a quando i bambini andranno alle superiori, a quando il papà sarà scomparso da 10 anni e loro dovranno raccontare quella storia, come la racconteranno? E sapevo che Chester non avrebbe mai voluto lasciarci alcun peso, in particolare uno disonorevole, e sapevo che lui non ha scelto di morire perché voleva ferirci o perché è stato egoista – era malato. Ho pensato che questo può essere spiegato ad altre persone, che possono comprendere la salute mentale, il benessere mentale e il prendersi cura di se stessi, e questo diminuirà la vergogna, aprirà il dialogo e creerà una condizione più favorevole per dire ‘sto soffrendo’ o ‘non mi sento felice’, o qualunque cosa sia, e anche per loro, tra dieci anni, per dire ‘sono triste perché mi manca mio padre’. Troppo spesso le famiglie che hanno perso qualcuno per suicidio non ne parlano più, è come se quella persona non fosse mai esistita. Non avrei mai permesso che accadesse.

Vorrei anche che tu condividessi quel che hai visto online, quasi immediatamente, con le persone che seguivano i Linkin Park, che seguivano te, e che nei primi giorni, settimane, mesi, soffrivano per la morte di Chester. Ovviamente la tua famiglia in maniera più intensa, ma i fan hanno accusato il colpo in maniera diversa. Parla di quello che hai visto e cosa hai contribuito a fare, perché è il riflesso di quello che hai appena detto a proposito del potere di aiutare gli altri.

Dopo la sua morte, ero su Twitter, di notte, perché non riuscivo a dormire. Ricevevo messaggi dai fan che dicevano di non sapere come andare avanti senza di lui e cose del genere, messaggi su messaggi di persone che dicevano di non farcela, e sapevo, dentro me, che non era quel che Chester avrebbe voluto, amava i suoi fan. Sapevo anche, però, che non avrei potuto aiutare gli altri da me, perché io stessa me la cavavo a stento. Ho iniziato a ritwittare i tweet delle persone che dicevano di soffrire, e ho usato l’hashtag #LPFamily, chiedendo alla famiglia di sollevare ed offrire parole di amore e supporto alle persone che avevano scritto quei tweet. E la cosa è decollata, Twitter è stato uno spazio per aiutare e per guarire aiutando. È così che è iniziata. 

Adesso è passato un anno e mezzo e questo succede ancora, e lo so perché mi è capitato di essere con te quando hai raccontato che qualcuno aveva condiviso qualcosa e che tu abbia capovolto la situazione, e adesso lo fanno tra di loro. Cosa pensi, qual è stata scintilla che è scoccata quando hai deciso che avresti inseguito e imparato cosa sarebbe stato utile e hai capito che ti stava aiutando e hai visto persone nella community aiutarsi a vicenda. Cosa credi sia successo?

Penso sia la risposta al cambiamento di questo problema che abbiamo, di star male di nascosto. Credo che aiuti a cambiare direzione, a cambiare la cultura che riguarda la salute mentale. Penso che è questa la risposta, perché credo che se noi tutti ascoltassimo, e possiamo imparare ad ascoltare, e condividessimo, potremmo farlo nel nostro cerchio. E da lì la cosa potrebbe espandersi ed andare avanti.

È capitato ad entrambe di vivere quest’esperienza, in giro, ad un evento o ad un dibattito. Tu racconti la tua storia, io racconto la mia storia, spieghiamo perché facciamo questo lavoro e perché facciamo quel che stiamo facendo, e le persone vengono e vogliono condividere, vogliono essere ascoltati, vogliono solo che tu li ascolti, ed è una cosa davvero importante, non è così? 

Lo è davvero, è molto importante. Non dimentico mai che potrei essere la persona a cui raccontano queste cose per la prima volta, quindi, quando ascolto quelle storie che a volte possono essere difficili da ascoltare e possono colpirmi particolarmente, in quei momenti provo ad essere presente per la persona con cui sto parlando, la ascolto, cerco di ricordarlo e quando la conversazione finisce, la lascio lì. 

Prima di parlare del lavoro che stiamo facendo, cos’hai visto fuori, nel mondo? E non intendo ai nostri eventi in cui spesso parliamo con persone che sono già sulla nostra stessa linea, ma ad esempio durante quest’evento che abbiamo fatto, la 5 miglia, diverse persone sono venute a dirmi di non averne mai parlato con nessuno prima, quindi, molte delle persone che hanno partecipato, non erano già parte di questa conversazione. Ma quando sei fuori nel mondo, e non ad uno dei nostri eventi o ad un evento che si focalizza sul benessere emotivo e mentale, come rispondono le persone o come parlano del suicidio, della depressione, dell’ansia? Cosa hai visto, come siamo messi?

Ci sono persone che me ne hanno parlato e sempre negli stessi termini. Erano grati del fatto che si fosse aperta la conversazione, mi hanno raccontato storie riguardo le persone che hanno perso e hanno condiviso i loro pensieri. Nel mio mondo, penso che vada meglio. Nelle scuole, nelle community, mi è stato chiesto di parlare a diverse cerimonie, quindi penso che stiamo andando avanti. 

E come pensi che riusciremo a capire di aver raggiunto il nostro obiettivo, della serie ‘ok, il cambiamento culturale è avvenuto!’. Come ce ne accorgeremo, che ne pensi?

È una bella domanda. Penso che vedremo annunci nazionali, penso ci sarà una checklist quando si va dal dottore, penso che le aziende includeranno un maggiore supporto emotivo…

E insegneremo il benessere emotivo ai bambini a scuola! Quindi ci sono cose che possiamo osservare, e le persone possono partecipare in tanti modi. Penso che spesso le persone ti guardino e pensino ‘wow, è così forte, coraggiosa, è fantastica’, il che è tutto vero, tra l’altro. Ma io so, in quanto tua amica, che è passato un anno e mezzo da quando hai perso Chester. E non è sempre facile.

No, certo che no.

E non va sempre tutto bene.

No, no. Non è sempre facile e non va sempre tutto bene. Quel che faccio è concedermi lo spazio per non star bene. Ho un bel sistema di supporto di cui tu stessa fai parte, per quando le cose si fanno difficili per me, per rendermi conto delle situazioni che potrebbero turbarmi, per mantenermi al sicuro emotivamente. Sto attenta ai miei bambini, per la loro sicurezza emotiva. Fa tutto parte del pacchetto. 

Sono davvero orgogliosa della mia amica Talinda, per il modo in cui onora Chester, suo marito, e per aver aperto un dialogo per molti. È anche una madre fantastica che sta aiutando i propri figli ad imparare ad essere aperti riguardo il loro stato emotivo.