Il nuovo numero di Kerrang! di marzo è dedicato a uno speciale sulla storia di Chester prima dei Linkin Park attraverso un racconto da parte degli amici e dei familiari, oltre che dei Grey Daze.
Abbiamo tradotto per voi l’intero articolo. Buona lettura.
UNA VITA MENO ORDINARIA
Gli anni nei Linkin Park di Chester Bennington sono parte della leggenda. Ma la sua non è una storia iniziata con Hybrid Theory. Per la prima volta famiglia, amici e primi compagni di band hanno parlato di una parte del suo percorso mai documentata prima, condividendo storie e fotografie che offrono al mondo una maggiore comprensione del ragazzo che sarebbe poi diventato l’uomo che ha toccato milioni di vite.
Un padre sta ricordando gli anni dell’adolescenza del figlio venuto a mancare. Un capitolo nella vita di un adolescente magrolino che sarà familiare a milioni di genitori: quella volta che il loro figlio passò settimane, mesi, persino anni inseguendo il sogno di diventare una rockstar insieme ai suoi amici; la speranza di un contratto discografico – solo uno – e di viaggiare da una parte all’altra del globo in supporto del loro album multiplatino. “Può darsi”, dice un tipico padre. “Fa’ i compiti”.
Lee Bennington, però, non era “la maggior parte dei padri”. Neanche suo figlio era “la maggior parte dei ragazzi”. Chester Bennington era sulla strada per realizzare la sua ambizione di diventare uno dei cantanti più iconici di una generazione.
Stando a quanto afferma Lee, ex detective della polizia, suo figlio non aveva soltanto il talento per il canto mentre cresceva a Phoenix, la capitale dell’Arizona e una delle più grandi città d’America. Certo, aveva una gran voce già in giovane età, ma aveva anche altri doni. “Era un ragazzo davvero intelligente e un atleta; avrebbe potuto essere una star dell’atletica leggera ai tempi”, ricorda Lee. “Era un corridore incredibile. Durante il primo anno di superiori andai a guardarlo in una corsa da 10km. Partiva su un sentiero tra le montagne. Io guardavo la pista dove c’era il traguardo ed eccolo lì, tutto solo. Aveva lasciato dietro tutti. Il resto dei corridori era così lontano avrebbero dovuto prendere un taxi per raggiungerlo. Correva le 10km in tutta la zona. Sarebbe potuto diventare da Olimpiadi se avesse continuato.”
“Aveva anche una memoria fotografica. Il primo anno di superiori vinse il primo premio in un contest canoro. Viveva con la madre allora [a seguito del divorzio della coppia], quindi non avevo molti contatti con lui, ma aveva una piccola rock band alle superiori che suonava nel campus. E poi ha conosciuto Sean Dowdell.”
Se il nome vi è familiare è perché Sean Dowdell fu la forza trainante dietro il gruppo di Phoenix Sean Dowdell and His Friends?. Il quartetto sarebbe poi diventato i Grey Daze, la prima band di Chester Bennington, in cui allora figuravano Jonathan Krause al basso e Jason Barnes alla chitarra. I Grey Daze pubblicarono il loro album di debutto, Wake Me, nel 1994; il successivo, …No Sun Today, fu pubblicato nel 1997, questa volta con Mace Beyers al basso e Bobby Benish alla chitarra, prima che il gruppo si separasse drasticamente un anno dopo. Ad oggi è programmata la pubblicazione di Amends, una selezione ri-registrata del loro materiale degli anni 90, sebbene questa è una versione aggiornata con un twist: a seguito della sua morte per suicidio nel 2017, la parte cantata originale di Chester è rimasta intoccata. Alimentato da pesanti chitarre grunge e con la partecipazione di artisti del calibro di James “Munky” Shaffer dei Korn e Page Hamilton degli Helmet, l’album adesso fa da capsula del tempo del nu-metal; un eco di una voce in via di sviluppo a un passo dalla grandiosità.
“Quando ho sentito Chester fare scream per la prima volta gli ho detto ‘come farai a tenere la tua voce cantando così?'” dice Lee dei primi tentativi di suo figlio di essere il frontman di una band. “Mi rispose ‘mi sono allenato in questo modo non stresserò la mia gola’. Tutta la sua energia andò nel canto. I Grey Daze furono il suo primo vero punto di partenza e cantò in tutti i pub di Phoenix. Scuotevano il posto e facevano il tutto esaurito. Era molto preso riguardo a ciò che faceva“.
Siamo nei primi anni 90. L’adolescente Chester Bennington, che è al suo secondo anno di superiori alla Greenway High School, nella zona nord di Phoenix, stringe amicizie facilmente, che non è cosa da poco. Precedentemente era stato bullizzato e “pestato come una bambola di pezza per essere magrolino e avere un aspetto diverso”, come Chester avrebbe poi raccontato a Kerrang!. Nel suo nuovo ambiente, il grunge dominava le onde radio. E il Chester “nerd”, con i suoi capelli lunghi, magliette delle band e calzamaglia indossata sotto i pantaloncini da skate, non era ‘anomalo’ come un pioniere. Nirvana, Alice in Chains, Stone Temple Pilots e Pearl Jam erano band di serie A sulla stazione radio dell’Arizona KUKQ. Sembrava che chiunque intorno a lui nella Greenway High stesse per formare una band nel proprio garage. Ben presto Chester fece amicizia con un gruppo che condivideva il suo gusto per la musica con chitarre pesanti e un tono cupo.
Tra i personaggi principali che fanno parte della sua storia c’è Cristin Davis, un chitarrista che avrebbe poi aiutato a modellare il rinnovato outsider rock dei Grey Daze, circa due decenni più tardi. Allora Cristin era un anno più grande di Chester. Ma dopo essersi incrociati nei corridoi e aver connesso attraverso la musica, i due divennero amici. “Era un altro ragazzo grunge”, dice Cristin. “Aveva fatto un po’ di teatro a scuola, aveva un’anima artistica. Credo che alla Greenway avesse trovato un po’ di più il suo posto.”
La coppia spesso passava il tempo nei locali per le prove della zona, guardando le band, bevendo birra e facendo musica. Durante i weekend i ragazzini del posto andavano fino al deserto per far festa – pensate ad un centinaio di teenager seduti intorno ad un falò, che bevono e ascoltano alternative rock e punk. “Eravamo lì a fare quel genere di cose che probabilmente non avremmo dovuto fare”, dice Cristin. “Ma era davvero divertente.”
Crescendo, Chester e la sua compagnia avevano iniziato a frequentare locali rock della zona, come il Rebel Loung, il Mason Jar e l’Electric Ballroom. Quando la KUKQ ha ospitato un festival e annunciato gli Stone Temple Pilots come headliner, tutti hanno preso subito i biglietti. “Quando gli STP sono venuti a suonare, tutto è cambiato per noi” afferma Cristin “Chester era al concerto, chiunque era a quel concerto, e penso che abbia condizionato ognuno di noi. Abbiamo pensato tutti ‘Questi ragazzi sono diversi e fantastici!’ Vedere Scott Weiland sul palco era incredibile, credo che abbia avuto molto influenza su di noi. E Chester li amava davvero. Se avessi saputo che alla fine [nel 2013] avrebbe suonato con loro non lo avrei mai lasciato. Quello era un periodo fantastico per la musica, sono arrivati i Nirvana mentre stavano esplodendo gli Alice in Chains, insieme ai Soundgarden”, continua, “A quell’epoca appartengono alcuni momenti cruciali per un musicista. Queste cose hanno definito me e Chester e il nostro modo di fare musica. Le influenze grunge si sentono benissimo nella voce di Chester. Il suo modo di cantare, le sue inflessioni vocali sono ispirate agli anni 90 e questa credo che sia una cosa fantastica di Amends.”
Cristin ricorda che la Greenway High era una scuola vicino al deserto. “Non era fantastica, ma neanche così male. Phoenix è estesa, ma in qualche modo anche concentrata, quindi in 20 minuti di macchina sei ovunque – per la città successiva invece devi guidare. Quando andavamo alle superiori la fine della Terra sostanzialmente era la strada in cui c’era la nostra scuola, mentre ora la città arriva fino a 50 miglia oltre. I posti in cui facevamo festa oggi sono pieni di case in costruzione.”
Cristin dice che Chester si inseriva bene: “Nella maggior parte dei casi ci si trovava bene a vicenda. Avevo amici molto diversi da me”. Oltre a farsi notare nell’atletica leggera, Chester – che amava cantare ed esibirsi – è apparsa anche in diverse recite scolastiche. Quando poi Sean Dowdell gli ha chiesto di entrare nella sua band come frontman, nessuno rimase sorpreso. Chester aveva già impressionato tutti a scuola con la sua voce. “Ha cantato per la prima volta a pranzo”, dice Cristin, “Ricordo di aver ascoltato i Sean Dowdell and His Friends?. Quando sei un ragazzino sei un po’ stronzo, suonavo anche io in qualche band, quindi pensavo di essere il migliore e non ascoltavo gli altri quanto avrei dovuto. Poi però ho sentito una loro cover di Man in the Box degli Alice in Chains e ho sentito quello scream. Non potevo crederci, non avevo realizzato che Chester avesse una voce simile. Penso che abbiano fatto qualche altra cover, tipo Anything, Anything dei Dramarama ed era stato davvero divertente! All’inizio ero il musicista stronzo, che guardava tutti dall’alto in basso. Alla fine ho iniziato a rendermi conto del contrario”
“Quando Chester non cantava era un ragazzo normale e sarebbe stato quasi invisibile in una folla. Questo valeva per tutti. Avevamo i capelli lunghi e ci vestivamo come se fossimo nel film Singles. Vivevamo le nostre giornate con il pensiero di poter suonare la nostra musica. Ma una volta che prendeva il microfono in mano si faceva notare. Un mio amico una volta mi ha mandato un video. Era stato fatto durante una festa in un garage in cui si suonavano cover, c’era anche Chester e credo che all’epoca avesse 15 anni. Ma QUELLA voce si sentiva già benissimo, l’ha sempre avuta.”
In quegli anni nessuno (specialmente alla Greenway High) si era accorto dei drammi personali che Chester viveva. In superficie era un ragazzino scherzoso e divertente. “Era sempre di buonumore”, afferma Lee Bennington, “Amava scherzare, era sempre in giro a ridere. Si divertiva e non mostrava mai un lato più oscuro”. Ma diverse ferite interiori lo stavano divorando. I suoi genitori era divorziati ma, soprattutto, dall’età di 8 anni Chester aveva subito abusi da un amico più grande.
“Venivo picchiato e forzato a fare cose che non volevo fare”, ha raccontato Chester a Kerrang! anni dopo, “Questo ha distrutto la fiducia in me stesso. Ero troppo spaventato per poter dire qualcosa. Non volevo che la gente pensasse che fossi gay o che mentissi. È stato orribile. Questi abusi sessuali sono durati fino a quando ho avuto 13 anni”. Per addormentare la sua ansia e le sue paure, Chester aveva già iniziato a fare uso di LSD, speed, oppio ed erba. “In una giornata normale io e i miei amici fumavamo un sacco di meth, era assurdo. Poi fumavamo oppio, prendevamo pillole e bevevo così tanto da farmela addosso. Non era per niente bello.”
Quando Chester iniziò a scrivere testi con Sean per i Grey Daze, tutti hanno associato quelle parole da anima dilaniata solo all’ondata grunge che aveva investito chiunque. “Tutte le canzoni che ascoltavamo erano davvero dark”, afferma Cristin, “Non avevo capito che l’oscurità che permeava quei testi venisse da così vicino. Quando se n’è andato e abbiamo riascoltato le canzoni e i testi abbiamo pensato ‘Dio mio, praticamente si è scusato per tutti questi 20 anni prima che accadesse qualcosa di tragico’. Non era un ragazzo tenebroso. Non l’ho mai visto giù di corda o sentito parlare di cose depressive. Come fanno molte persone, combatteva i suoi demoni per conto suo.”
Ma Sean capiva. Grazie al loro “legame speciale”, il batterista conosceva un po’ di quell’inferno personale che il suo “fratello minore” Chester stava attraversando. “Lui parlava sempre con me. Ero a conoscenza di tutto”, dice. “L’unica cosa che non mi disse mai è chi fosse la persona che abusò di lui quando era un ragazzino. Non voleva dirmelo ed io non ho insistito troppo perché penso provasse imbarazzo all’epoca. Non sapeva come affrontare quel tipo di emozioni quando era giovane. Ero molto protettivo nei suoi confronti. Lui mi raccontava quello che succedeva nella sua vita. Mi chiedeva consigli ed alcune volte glieli davo, altre invece, semplicemente, lo ascoltavo. Potevamo parlare di tutto. Era davvero facile parlarci ed era un ragazzo molto spontaneo.”
C’era un fuoco ardente in Chester Bennington: un adolescente ferito e una rockstar in attesa. Chiunque era vicino a lui alla Greenway lo aveva notato. Quando lasciò la scuola per concentrarsi sui Grey Daze – dormendo sul pavimento di Sean e seguendolo al college pur di aver un passaggio per le prove – fu chiaro anche a tutti coloro che incrociarono il cammino della band. Essere semplicemente il cantante dei Grey Daze non era abbastanza.
Tutto, secondo la prospettiva di Chester, andava fatto al massimo: le prove e gli spettacoli venivano fatti a mille; tagli e lividi segnavano il suo corpo a fine esibizione; piccoli sacrifici personali erano il prezzo da pagare pur di fare la prossima sessione di registrazione, di prove o il prossimo concerto. Nulla avrebbe ostacolato la sua ambizione finale: diventare il grande cantante di una rock band che riempie l’arena.
“Volevo solo finire il liceo per poter andarmene e dedicarmi alla musica a tempo pieno e credo che per Chester valesse la stessa cosa”, dice Cristin. “Vivevo ancora con i miei genitori e avevo comodità a cui non volevo rinunciare. Ma Chester era l’unico che dava il cento per cento, lui ha davvero dedicato la sua intera vita a questo. Era improntato sul vivere o morire per la sua musica, ed era disposto a dormire sul pavimento, in macchina, e così via. Sia Sean che io ammettemmo che non saremmo stati in grado di fare tutto ciò che fece lui. Chester, faceva tutto ciò che serviva.”
Sean conferma. “Avrebbe dormito in un cassonetto pur di cantare”, dice.
Questo senso di “niente coraggio, niente gloria” era palpabile nei concerti dal vivo dei Grey Daze. Mace Beyers, bassista della band per la registrazione del loro secondo album …No Sun Today nel 1997, ricorda la prima volta che vide Chester sul palco, da fan.
Lavorando come manager e promotore di tour, Mace era all’Electric Ballroom per un concerto da headliner dei Gray Daze davanti una folla di “un paio di migliaia di persone. Chester, che indossava gli occhiali, si era infastidito per qualcosa – nessuno ricorda di preciso cosa – e prese la rincorsa per saltare nel pit. Finì fuori dal palco e mancò il salto”, dice Mace. “Cadde a terra, rotolò ma non… smise… di… cantare. Pensai ‘questo ragazzo è una rockstar’. Sapevo che già allora aveva delle qualità da star. La sua energia era semplicemente incredibile.”
I Grey Daze sono passati velocemente dalle prove in spazi ridotti ai club. In breve tempo furono la band di supporto per artisti del calibro di Bush e Suicidal Tendencies. I primi posti nelle classifiche sono arrivati subito dopo, suonavano concerti sold out per folle di migliaia di persone, la band firmava autografi per ore ed ore dopo la fine dello spettacolo. Ma Chester rifiutava di rallentare il passo. Guidato dalla stessa vena competitiva che l’aveva spinto verso il successo, non avrebbe permesso in nessun modo a se stesso di fallire.
“Lui sapeva che sarebbe diventato una rockstar”, dice Sean. “Non per motivi di fama, lui voleva diventare un grande cantante in una grande band ed era davvero tutta qui la sua motivazione. Ma era molto competitivo, anche dal punto di vista fisico. Molte persone non realizzano quanto lavorasse sulla sua forma fisica. Ci allenavamo entrambi, ma lui finiva per battermi ogni volta. Mi avrebbe messo K.O. nonostante mi allenassi come un pazzo. Era l’unico ragazzo che conoscevo che riusciva a stare in plank per 18 minuti. E si stoppava solo perché si annoiava. Era assurdo. Era davvero in gran forma.”
Ad ogni modo, c’era molta umiltà in tutta quella feroce determinazione. Man mano che i Grey Daze guadagnavano attenzione, lui supportava la scena musicale locale di Phoenix. “Apprezzava davvero la musica degli altri”, dice Cristin. “Era sempre molto incoraggiante con tutti gli amici e tutte le altre persone”. Molto tempo dopo, anche le band emergenti ispirate dai Linkin Park sarebbero state trattate con rispetto. “Il punto era questo: lui era sempre felice per ciò che facevano gli altri“, dice Talinda. “Era un uomo competitivo, sicuramente, ma non ha mai, mai, provato a demoralizzare qualcuno per sentirsi meglio. E spesso prendeva ispirazione da altre persone. Era sempre felice per loro, specialmente se si trattava di una band che avevano portato in tour – band di supporto che poi erano diventate grandi. Era di buon cuore.”
I Grey Daze, un tempo parte della storia segreta di Chester Bennington, sono adesso in fase di rilancio, nonostante Amends sia solo una sbirciata in quelli che erano gli anni giovanili della sua vita. Ma la musica racconta solo metà della storia. La rottura della band nel 1998, tra contratti discografici traballanti, ego ingigantiti e battibecchi dietro le quinte, venne seguita dalla nascita dei Linkin Park come una delle più grandi band del mondo. Ma il periodo nel mezzo fu tormentato dal dubbio. Chester, determinato a trovare una band che incontrasse le sue ambizioni, iniziò a lavorare in ristoranti e bar per pagare le bollette.
“Passò un anno e mezzo circa cercando qualcosa da fare”, dice Lee Bennington. “Chiamava gli artisti rock locali e andava nei loro studi. Un giorno gli chiesi ‘Cosa farai se non troverai nulla?’ e lui mi rispose ‘mi darò altri sei mesi e a quel punto troverò un vero lavoro’. E fu allora che venne contattato dai ragazzi che stavano mettendo assieme i Linkin Park. Il resto è storia. Se la musica non avesse incontrato il suo cammino, sarebbe stato in grado di fare qualsiasi cosa. Era molto intelligente. Sarebbe potuto diventare un dottore, un avvocato o un ingegnere.”
Nonostante il successo strabiliante dei Linkin Park, Chester mantenne la stessa buffa personalità che ha caratterizzato i suoi anni da ragazzo alla Greenway High e poi con i Grey Daze. “In tour tutti passavano del tempo con lui“, dice Sean. “Non perché era il cantante ma perché era il ragazzo più divertente nella stanza“. Il batterista dei Grey Daze racconta anche storie di Chester che, negli anni successivi, quando era un artista da dischi multiplatino, accoglieva i clienti nel loro negozio di tatuaggi e piercing, Club Tattoo, dove vendere una maglietta a un cliente sconvolto faceva parte del divertimento.
“Avrebbe cercato di pulire per terra o qualcosa del genere” dice Sean. “A me veniva sempre da ridere. I clienti dicevano ‘Ma quello è Chester Bennington?’ e io dicevo “Sì, è Chester! Lascia che gli tolga la scopa dalle mani così può venire a salutare…’. Sono stato a contatto con molte rockstar della mia vita e sembrava che lui fosse uno dei pochi ragazzi che la fama non ha toccato. Non lo ha mai cambiato.”
Il dolore per sua scomparsa, però, è ancora forte. Per Sean e Cristin, la ri-registrazione del vecchio catalogo dei Grey Daze ha avuto un pesante carico emotivo. Le parti vocali lasciate dal loro amico ed ex compagno di band sono parte di un’epoca; la musica, quando è stata ri-registrata, ha dovuto adattarsi al potere vocale presentato da una delle voci più distintive della sua era. “Ho iniziato ad ascoltare le canzoni per impararle”, afferma Cristin del materiale aggiornato. “Non ascoltavo quegli album da molto tempo e il solo sentire la sua voce mi ha riportato ai primi anni ’90 o alla metà degli anni ’90. Riuscivo davvero sentire tutto il talento che probabilmente prima mi era sfuggito. Ero tipo ‘Oh mio Dio, 20 anni fa era esattamente la superstar che è ora’. Ma lo dico sempre alle persone, non ho mai incontrato ‘Chester dei Linkin Park’. Conosco solo ‘Chester, il mio amico delle superiori’, quindi non è mai cambiato, dal momento in cui l’ho conosciuto fino al quando è andato via. Era davvero un tesoro“. Così come Silver – The Best of the Box svela le vecchie demo di Kurt Cobain per i fan dei Nirvana, allo stesso modo Amends offre una sbirciatina nell’adolescenza di Chester Bennington. Entrambi i dischi hanno qualcosa in comune: in fin dei conti, tutto il materiale è stato creato nel boom del grunge degli anni ’90. Ma la struttura di Amends è stata rinnovata e modificata in modo che le canzoni hanno subito un upgrade da ventunesimo secolo, con i sintetizzatori pesanti e la batteria più espansiva. Ad ogni modo, il tono della voce non potrebbero essere che di Chester Bennington: un grido sentito, pieno di catarsi e rabbia, l’armoniosa angoscia compensata da una tenerezza malinconica. L’esperienza di rivisitare Amends è stata un po’ troppo forte per la famiglia di Chester.
“Né io né i miei figli riusciamo ad ascoltarlo”, dice Talinda. “Perché è difficile, perché non è solo una canzone – abbiamo dei veri ricordi. Tutti noi abbiamo i nostri ricordi di lui che canta [le canzoni presenti in Amends]. Ci sono ricordi connessi a queste canzoni che sono profondamente personali. Anche se non ero presente in quel periodo, non lo conoscevo ancora, lui lo ha condiviso con me. Ha condiviso ogni canzone. Le cantava a me e/o ai nostri figli. Per me non è come ascoltare un album, non è come ascoltare una canzone; è, letteralmente, vivere questi video che ho nella mia testa, questi momenti che non avrò mai più.
“A casa nostra, con i miei figli e il mio nuovo marito, manteniamo vivo il ricordo di Chester. Parliamo di lui, i miei figli adorano parlare del loro papà al mio attuale marito. Sfogliano gli album fotografici. Abbiamo un modo tutto nostro per mantenere vivo il suo spirito. Ci sono sue foto in tutta la casa, non è dimenticato, e per ora facciamo così.”
Il dolore è altrettanto profondo per un padre che ricorda gli anni dell’adolescenza del proprio figlio venuto a mancare. “Chester era la sua stessa personalità”, dice Lee. “Gli piaceva divertirsi. Si dedicava profondamente a quel che faceva. Come mi sento quando ascolto i Linkin Park o i Grey Daze? Non ho ascoltato la sua musica da quando è venuto a mancare. Non ascolto più musica rock. Non ce la faccio. È troppo difficile per me.”
Traduzione a cura di Mattia Schiavone, Selene Rossi e Marisol De Rensis