Noisecreep ha realizzato un’interessante intervista con Chester e Mike su diversi argomenti, come le tematiche di A Thousand Suns, il processo di creazione dell’album e la costante evoluzione del sound della band.
Ecco la traduzione completa dell’intervista:
Il titolo ‘A Thousand Suns’ sembra un riferimento ad una citazione dell’inventore della bomba atomica, Robert J. Oppenheimer. Stava citando lo scritto indù, il Bhagavad-Gita: “Se lo splendore di mille soli dovesse scoppiare in una sola volta nel cielo / Sarebbe come lo splendore dell’ Onnipotente / Sono diventato Morte, il distruttore di mondi. “
Mike Shinoda: In realtà, le parole ‘A Thousand Suns’ sono state scritte per il testo nella canzone ‘The Catalyst’ prima di essere scelte come titolo dell’album, prima ancora di sapere da dove venisse. Durante il processo di creazione di questo disco, la scrittura di un sacco di testi e canzoni è stata più intuitiva di quanto non sia stato in passato. Ci siamo lasciati aperti a qualsiasi idea ci sia venuta e nel contesto di quella particolare canzone, ‘The Catalyst,’ le idee sono spuntate e non abbiamo messo giù niente di scritto “Lasciateli bruciare dentro il fuoco di mille soli” era un verso, poi abbiamo cercato e trovato tutti i punti di riferimento diversi.
Quali sono alcuni dei temi e delle idee che avete cercando di presentare in questo album?
Mike Shinoda: Quando stavamo scrivendo ‘A Thousand Suns,’ abbiamo fatto alcune interviste in cui abbiamo detto di voler fare un concept album perchè credo che pensavamo di volerlo davvero fare.
Chester Bennington: E ‘stata un’idea sexy, fare un concept album. Sembrava difficile e abbiamo deciso di sfidare noi stessi, la cosa era attraente.
Mike Shinoda: Quando la gente pensa ad un concept album, credo che pensi ad una narrazione specifica – quasi come un’opera rock o qualcosa che racconta una storia singolare, con un conflitto e una risoluzione. Abbiam sentito che sarebbe stato un po’ restrittivo. Così abbiamo deciso di sviluppare i concetti di cui volevamo parlare ed essere un po’ più astratti e sciolti.
Il discorso di Oppenheimer e un sacco di campionamenti elettronici danno alla musica un tocco apocalittico. Stavate cercando di creare un suono freddo e oscuro?
Chester Bennington: Abbiamo la tendenza a propendere per il sentimento oscuro della musica. Ci piace distorcere suoni e beat duri. E parliamo di perdita e di autostima e abbiamo visto che ci piace davvero parlare di cose che stanno accadendo nella nostra vita e nel mondo che sono molto aggressive e dominate dal conflitto – come i conflitti interpersonali in relazione al mondo esterno e viceversa. Morte, perdono, aggrapparsi ai sogni, essere depressi. In un modo o nell’altro si parla di tutto questo nel disco. Per me, i testi che scriviamo sono evocati dalla natura della musica o dalla melodia. Alcune volte tendiamo a fare musica più aggressiva e altre a fare parti con suoni belli e ottimisti. Il nostro produttore Rick Rubin vbene ad ascoltare il materiale molto presto e disse: “C’è davvero una grande atmosfera post-apocalittica in quello che sto sentendo” e ci siamo detti: “Oh, fantastico!”. E ‘stato interessante per noi e quando ha detto: “Questo è lavorare!”, ci dicevamo, “Continuiamo con questa roba!”.
Mike Shinoda: E ‘difficile ricordare tutti i piccoli momenti che compongono un album. Come si ascolta di nuovo si sentono suoni differenti, soprattutto in un disco come questo, su cui abbiamo lavorato due anni. E’ costruito su così tanti momenti di ispirazione e di tante cose che stavano accadendo in quel momento, siano esse cose personali, cose lette su internet o cose lette nelle notizie. Dal punto di vista sonoro, è un disco denso. E penso che le canzoni siano più tridimensionali, perché sono state scritte in un periodo di tempo più lungo. Ma non si tratta solo di cose oscure. Non si tratta solo di paura e di perdita. C’è più speranza in questo disco di quanta ce ne sia mai stata in un disco dei Linkin Park. E se lo si ascolta, è complicato, perché questo è ciò che siamo come persone e desideravamo inciderlo nella musica nei testi.
Ci sono alcuni punti cardine sia nella vostra vita che nel mondo che sono stati molto influenti e che hanno lasciato il segno su questo album?
Mike Shinoda: Beh, penso che abbiamo cercato di far sapere alla gente che questo disco non è destinato ad essere un album predicatorio. Non parla di eventi specifici del mondo, di eventi sociali, eventi politici o anche cose della nostra vita perché tornavamo sempre sulle canzoni più e più volte nel corso di anni e ogni volta che ci tornavamo su eravamo in una mentalità diversa. Anche se una canzone al inizio può parlare di… oh, non so, commozione post-apartheid, poi pensi a cose personali che ti sono successe in quella giornata e allora ci metti dentro anche un po’ di quello. Quindi non voglio che la gente si senta biasimata da questo album, voglio che si facciano domande, anche relative ad esso.
Avete detto che in questo disco c’è più speranza che terrore. State dicendo che siamo abbastanza forti per sopravvivere in mezzo a tutti questi conflitti e questi tempi difficili e che ciò che non uccide ci rende più forti?
Chester Bennington: Abbiamo sicuramente toccato esperienze piuttosto oscure, ma allo stesso tempo abbiamo anche sperimentato alcune cose davvero belle nella nostra vita. C’è una costante ad ognuno di questi grandi momenti, cioè appendersi ai propri sogni, sapere che c’è qualcuno là fuori che si preoccupa di te. E nonostante tutta questa follia che sembra esserci nella vita e nel mondo, ci sono cose buone che succedono così, e penso che questo è qualcosa che abbiamo messo dentro le nostre canzoni. Volevo scrivere ‘The Messenger’ come una lettera ai miei figli. Volevo dire, quando andate fuori per il mondo è dura, ma basta ricordare che c’è sempre un posto per voi, in cui siete accettati per quello che siete e siete amati per tutte le cose che vi rendono ciò che siete. Penso che sia davvero importante e credo che possa contribuire a farci passare questa follia in cui viviamo.
Musicalmente, ‘A Thousand Suns’ è stimolante e sperimentale. Si sentono un sacco di suoni computerizzati e campionati. Sembra quasi che la gamma di beat della drum machine old-school dei Run-DMC vada incontro a beat elettronici davvero contemporanei. Avevate l’intenzione di gettare al vento la prudenza e vedere cosa sarebbe successo?
Mike Shinoda: Dieci anni avevamo un certo un vocabolario musicale. Poi passano altri 10 anni, il vocabolario diventa più grande, così non usiamo più le stesse idee per esprimere ciò che vogliamo. E’ un po’ più tridimensionale. Se la nostra intenzione è quella di utilizzare un beat hip-hop in qualcosa, allora di che tipo di battere stiamo parlando? E ‘qualcosa di attuale? Qualcosa di futuristico? Qualcosa di tribale? Qualcosa West Coast, East Coast, anni ’80, anni ’90, capito? Ci sono un sacco di modi diversi per sceglierne uno e questo è solo un esempio. La società di oggi è profondamente legato alla tecnologia e non puoi evitare di usarla quando stai facendo un album. Ci sono tanti modi di fare le cose adesso, tanti modi per creare un suono che alla fine non è neanche più una sfida trovare il suono giusto. E ‘una sfida capire attraverso il rumore e la confusione quali sono le cose che non hai intenzione di utilizzare. Forse è una questione di guardare ad un quadro più ampio. Voglio dire, anche nella vita di ogni giorno. Come quando andiamo su internet, cerchiamo qualcuno che ci aiuti a lasciar stare tutta la spazzatura e a cercare quello che davvero vogliamo. C’è un conflitto lì e sento che questo disco è in parte costruito su quello stato di mente e ansia.
Chester Bennington: Sì, abbiamo sicuramente deciso di non usare il solito libro delle regole. Non ci siamo preoccupati di fare un lavoro che passasse in radio, non siamo andati a ripiegare su gli stessi trucchi che abbiamo usato in passato per fare una canzone. Abbiamo sicuramente smesso di preoccuparci di ciò che i critici dicono sulla band molto tempo fa. I nostri fan sono così tanti e diversi fra loro che per fare un disco che accontenti ognuno di loro è impossibile. Abbiamo davvero voglia di fare musica che ci emoziona e ci fa sentire come se stessimo facendo qualcosa di importante o di diverso da tutto ciò che abbiamo fatto finora e che ci faccia sentire come se ci fossimo sfidati in modo onesto e “pericoloso”. Vogliamo sfidare i nostri fan e vogliamo portare la gente in questo viaggio con noi. Alcune persone stanno per salire a bordo ora. Forse non erano fan dei Linkin Park prima mentre altri dei nostri fan vogliono solo stare su ‘Hybrid Theory’ e fare il dito medio a tutto il resto che facciamo, e questo va bene. Abbracciamo tutte le cose che abbiamo fatto in passato. Non vogliamo diventare caricature di noi stessi e continuare a provare a rigurgitare i giorni di gloria, vogliamo rimanere presenti in quello che stiamo facendo.
Mike Shinoda: E crearci una nuova gloria.
Avete detto che volevate evitare la rotta sicura e una delle cose più sicure le cose nella musica “pesante”, naturalmente, è l’uso di chitarre distorte e power chords. In questo disco sembra quasi che vi siate impegnati ad eliminare o non usare quei tradizionali riff quasi metal.
Chester Bennington: Il modo più semplice per avere un sound come i precedenti è quello di ricadere negli stessi vecchi trucchi. OK, vogliamo un grande ritornello rock che abbiamo grande melodia e bei testi che ti colpiscano davvero. Ovviamente, una chitarra distorta è la prima cosa da usare.
Mike Shinoda: Se vogliamo fare una canzone come quella allora mettiamo batteria campionata ad esempio nelle strofe, facciamo un ritornello, un bridge con la stessa struttura del ritornello. Mettiamo nelle strofe chitarre poco distorte. E mettiamo i power chords nel ritornello. Siamo arrivati al punto che era così semplice farlo che potevamo anche farlo ad occhi chiusi. E ‘qualcosa che abbiamo fatto sempre e non abbiamo più bisogno di farlo. Infatti, quando abbiamo visto che le canzoni erano l’opposto di quelle precedenti e che erano davvero differenti – quando i ragazzi hanno sentito le demo e hanno commentao ‘non so se mi piace o la odio, è così diversa che mi scombussola il cervello’- è stato davvero emozionante per tutti noi. Anche se ritenevo che fosse un po’ troppo strano e che non mi piacesse, era un momento che ci ha mostrato fino a che punto eravamo arrivati.
Chester Bennington: Lo sapevamo e lo pensavamo, ‘OK, possiamo essere aggressivi senza essere metal, possiamo essere rock senza esserlo. E possiamo essere hip-hop senza essere cliché. E possiamo fare tutte queste cose in un modo che suoni davvero Linkin Park perché abbiamo sempre usato elettronica.’ Tutte quelle cose che usavamo come sottofondo in passato, come beeps o beats hanno preso un ruolo predominate, mentre un sacco di cose come le chitarre o il pianoforte sono “ricadute”, sono diventate più strutturali.
Alcuni critici hanno paragonato questo album a ‘Kid A’ dei Radiohead, è un grande complimento. Avevano una formula, hanno preso le chitarre rock che gli avevano aiutati tanto ad inizio carriera e le hanno lasciate. Sono stati un’influenza per ‘A Thousand Suns’ o ci sono stati altri artisti che hanno ispirato la vostra creatività?
Mike Shinoda: Una cosa che abbiamo scoperto con questo disco è che gli scrittori e i critici che non sono mai stati particolarmente positivi sulla band, ora stanno iniziando a dare consensi in una certa misura. È un po ‘scioccante, ma ce ne rallegriamo ovviamente.
Chester Bennington: Ero abituato a ricevere recensioni che davano due stelle. [ride]
Mike Shinoda: Quindi, iniziare a ricevere recensioni che danno cinque stelle al disco è stato sorprendente per molti di noi. Allo stesso tempo, non possiamo basare la nostra autostima e il valore della nostra band su quella roba. Non sarebbe salutare. La nostra volontà era fare un disco che ci avrebbe messo in discussione e con cui ci saremmo sfidati.
Chester Bennington: Penso che anche la nostra volontà di creare suoni nostri e usarli in modo da lasciare la gente spaesata è un grande risultato per noi su questo album. Inoltre, ci è stato gentilmente concesso di utilizzare discorsi di Mario Savio, Martin Luther King e di Robert Oppenheimer e questo crea realmente questa esperienza pensata e fatta per essere ascoltata dall’inizio alla fine. Abbiamo intenzionalmente voluto tirar via la gente da ciò che stavano facendo e trasportarli in qualche altro posto.
Mike Shinoda: E sappiamo che è difficile, perché tutti ormai ascoltiamo musica “a pezzi” ormai. Ma quando eravamo ragazzi ascoltavamo i dischi su vinile e cassetta, quindi mettevi su il disco e lo ascoltavi tutto, si viveva tutta l’esperienza. Per quanto sia impopolare adesso, abbiamo deciso di farlo comunque. Inoltre, mi sento come se un sacco di cose sono date dal fatto che avevamo un sound per cui la gente ci riconosceva e ultimamente ci siamo allontati parecchio da quel sound. Vogliamo che i nostri vecchi fan sappiamo che non stiamo chiudendo la porta in faccia a loro. Non stiamo dicendo che solo perché stiamo facendo qualcosa che suona differente allora le cose vecchie non sono più belle. Quando verrete ai nostri concerti, suoneremo anche roba vecchia. In passato abbiamo fatto musica che ci faceva sentire freschi in quel momento. Adesso facciamo un tipo di musica che ci faccia sentire freschi in questo momento e spero di continuare a fare così.
Ormai è sempre più chiaro: i ragazzi stanno facendo solo la musica che più piace a loro, niente di più.
Fateci sapere cosa ne pensate.
Fonte: LPAssocation
Traduzione: Gazza