Big Shot Magazine intervista Mike Shinoda!

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Mike Shinoda

 

Con l’istruzione in una scuola d’arte e con qualche album con milioni di copie vendute sulle spalle, Mike Shinoda dei Linkin Park sta facendo i suoi passi da artista visivo.

Mike Shinoda conosce una o due cose riguardo il multitasking. Quando non sta scrivendo, producendo ed suonando con la sua band nu-metal premiata con svariati i titanici Linkin Park, o facendo musica con uno delle moltitudini dei suoi progetti paralleli come i Fort Minor, Mike dedica buona parte del tempo a creare arte. Il più giovane laureato all’Art center College Of Design di Pasadena, California, Mike non ha solamente giocato un ruolo importantissimo nella visione dello stile e dei video della sua band, ma si è guadagnato l’attenzione dei critici anche per la sua collezione di dipinti e di foto. Big Shot ha incontrato Mike e ha parlato con lui riguado la Glorious Excess (Dies), la sua seconda mostra artistica che esamina l’ossessione sociale con la cultura della celebrità, con la dipendenza del consumismo e con gli eccessi fascinorosi.

Giornalista: “Rappi, suoni la chitarra e la pianola, produci, scrivi, etc. nei Linkin Park e nei Fort Minor. E’ ovvio dire che sei un uomo pieno di risorse. Dove trovi il tempo da dedicare all’arte?”
Mike: “Alle superiori e all’università, l’arte era il mio scopo principale e la musica era un passatempo. Poi, ad un certopunto dell’università, le due cose si invertirono – Non lo so come sia successo, ma è successo. Lavoravo ai dipinti quando non dovevo creare nuova musica con la band. Attualmente ci metto molto più tempo per pensare un’opera prima di dipingerla.”

G: “Molti musicisti possono ritrovare il desiderio di far musica riascoltando una cancone particolare o un album realizzati quando erano giovani. Hai avuto qualche esperienza da bambino che ti ha trasinato nel mondo dell’arte? C’è stato un momento imbarazzante per te?”
M: “Disegno da quando avevo 3 anni. Non ho mai avuto un momento imbarzzante. Ho avuto alcune esperienze particolari, penso. Amavo il fumetto Garfield di Jim Davis.  Avevo 10 anni. Io ed un mio amico avevamo fatto il nostro fumetto su Garfield, con disegni e battute nostre. La scrittura era probabilmente ridicola – immagina il tipo di battute che puoi fare a 10 anni. Comunque, la nostra professoressa li fotocopiò, trovò l’email per i fan di Jiim Davis e glieli inviò. Con nostra sorpresa, li guardò e ci scrisse una bella lettera di risposta. Questa fu un’esperienza stupenda.”

G: “Hai ricevuto una completa educazione formale e ti sei laureato all’Art Center College of Design. Come ha influenzato i tuoi lavori futuri l’aver frequentato la scuola d’arte?”
M: “Mi ha aiutato ad aprire la mia mente alle critiche. Quando lavori milioni di ore ad un progetto, poi sei costretto a mostrarlo difronte a tuoi pari che inizieranno a dire perchè fa schifo, sei costretto ad imparare come accettare le critiche… O diventi veramente difensivo e non impari niente!”

G: “Puoi riferirti a qualsiasi specifico artista che ti ha influenzato quando eri all’università? C’è qualche artista contemporanep che to ispira in questi giorni? E puoi parlarci di che ruolo hanno giocato le origini Giapponesi nel tuo lavoro?”
M: “Diciamo quelli classici, suppongo di aver iniziato con Alphonse Mucha, Johannes Vermeer, Peter Paul Rubens e Egon Schiele. Tra le linee contemporanee, direi Shepard Fairey, Ron English, Takashi Murakami, James Jean, Banksy e Mark Ryden. I nuovi artisti che mi piacciono sono Jeff Soto, Ekundayo, Audrey Kawasaki, Tessar Lo, Yoskay Yamamoto, Greg Simkins. Le mie origini Giapponesi vengono fuori quando meno me lo aspetto. Le persone me lo fanno notare nei miei dipinti ed io: ‘Oh si, supongo sia qualcosa di Giapponese’”

G: “Lavori in una combinazione di arte digitale e dipinti e hai anche collaborato cone le DC Shoes. Il tempo è una preziosa comodità, quindi quanto tempo riesci a spendere per la tua passione negli interessi artistici?”
M: “Salto solamente da una cosa all’altra, continuandomi a basare su qualsiasi cosa sia eccitante”

G: “Glorious Excess (Born) ha ottenuto una grande considerazione e c’è stato un gran brusio riguardo la Glorious Excess (Dies). Puoi spiegare l’argomento tematico che lega le due mostre tra loro?”
M: “Le mostre seguono un personaggio della celebrità inventato. Questo personaggio è una fusione di una tonnellata di diverse storie delle celebrità. La prima mostra riguardava il renderlo importante nella scena, nel farlo diventare famoso. La nuova mostra riguarda più il suo drogarsi eccessivamente di se stesso – inizia a cibarsi di celebrità fino a quando non esplode. Riguarda l’ossessione per la celebrità, la dipendenza dal consumismo e l’eccesso fascinoso.”

G:
“La moto Honda che hai decorato per la nuova mostra riesce semplicemente a togliere il respiro. Come risulta dipingere su una moto anzichè dipingere su tela? Ti offenderesti se qualcuno la portasse su strada e la sposrcasse?”
M: “Grazie! E’ un nuovo motello che hanno appena fatto chiamato ‘the Fury’. Un’interessante moto ottenuta dal mischiarsi del vecchio al nuovo. Ho avuto un gruppo di professionisti che ha trasferito le immagini sulla moto, poi ho applicato alcune cose a mano sulla moto. Non mi interessa se qualcuno la compra e la usa fuori. I soldi vanno in beneficenza; una volta che l’hanno comprata, possono farci quello che vogliono!”

G: “Anche il Tabloid Wall è interessante, nonostante alcuni dei giornali che hai incluso come il Rolling Stone non avrebbermo mai considerato l’idea di essere visti come tabloid. Che tipo di affermazione stai facendo in questa opera?”
M: “Ci sono periodi in cui dei giornali che vendono news da non-tabloid decidono di trattare storie da tabloid o trattano alcune storie come se fossero dei tabloid. Pensa alla morte di Michael Jackson: virtualmente l’intero mondo della notizia stampata l’ha trasformata in una grande macchina stile tabloid. Stavo guardando la TV e interruppero il programma che stavo guardando per mostrare una serie macchine nere di sicurezza che uscivano dalla strada della abitazione di Jackson alle 5 del mattino, con il titolo ‘BREAKING NEWS’… Davvero? La Four Seasons – Andy Warhol, James Dean, Kurt Cobain, John Lennon – è ugualmente coinvolgente. Come sono riusciti ad unire tutte queste storie assieme? Volevo trovare un modo poetico per mostrare la morte del personaggio e fare apparire contemporaneamente la morte della celebrità. Stavo cercando dei modelli; qualcosa che descrivesse il tipo di morte delle celebrità che le persone trovano più intrigante. Le serie sono state ispirate da Four Seasons di Mucha, con ogni stagione rappresentata da una bellissima donna. Il mio riguardava le quattro stagioni del martirio delle celebrità.”

G: “Ora che hai condiviso questa esibizione con il mondo, come ripensi a tutto ciò?”
M: “Non guardo indietro. Con molte belle opzioni, sto cercando di decidere come continuare.”

Cliccate qui per leggere l’intervista originale in inglese.

Fonte: LinkinparkBR.com

Thx to: Big Shot Magazine